Recensione di Jacob von Gunten di Robert Walser, Milano : Adelphi, 2014
All’opera di Walser si addice quantomai la definizione di Bildungsroman. Non solo perché la storia riguarda la formazione del protagonista in una scuola per maggiordomi, ma proprio per via dei cambiamenti cui egli va incontro. Scappato di casa, Jacob va volontariamente incontro a una vita da servitore, come a scontare la pena per un’esistenza che forse giudicava ingiustamente piena di agi.
Il confronto con gli altri personaggi lo forgia e lo fa crescere, e il suo rapporto con loro cambia via via: il direttore della scuola da principio lo atterrisce (e lo picchia a dovere), ma Jacob arriverà a rispettare ciecamente; la sorella del direttore, verso cui prima nutre un amore ideale, gli susciterà poi un sentimento di pena; i compagni, dai quali all’inizio si sentiva distaccato, per i quali proverà un’amicizia strana ma sincera.
Coevo de I turbamenti del giovane Torless, Jakob von Gunten ne condivide la visione della scuola come microcosmo rappresentativo della vita nel suo complesso, ma i “turbamenti” descritti da Walser sono come diluiti, vissuti in modo distaccato, come in una distante visione retrospettiva.
Pur nella sua brevità, Jakob von Gunten ha i ritmi di un romanzo di ampio respiro, al pari dei migliori esempi della tradizione mitteleuropea di inizio Novecento. I diversi livelli di lettura ne fanno un’opera godibile, profonda, che vale l’accostamento ai più celebri Musil e Kafka (che indicò Walser come proprio precursore).