orazioni, permutazioni e convinzioni – 3

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Si diceva del “CIA Fact Book for Countries”: la CIA è la ben nota Central Intelligence Agency, quella con sede a Langley, in Virginia, dove si allenava Clarice Starling (alias Jodie Foster) de Il silenzio degli innocenti; l’agenzia dove lavorano agenti speciali a cui quelli dell’FBI di Dragnet fanno un baffo.
Ora, scrivendo “CIA factbook for countries”, quando ancora manca l’ultima parola il motore di ricerca suggerisce “CIA factbook for kids”. Il link rimanda proprio alla “Kids’ page“, dove si spiegano le principali attività svolte dall’Agenzia; l’introduzione presente nella pagina è traducibile più o meno così:

Benvenuti. Siamo felici che voi siate qui per saperne di più sulla CIA. La CIA è un ente governativo indipendente degli Stati Uniti che fornisce intelligence sulla sicurezza nazionale alle più importanti cariche degli Stati Uniti in modo che possono prendere importanti e informate decisioni. Gli impiegati della CIA riuniscono intelligence (o informazioni) in vari sensi, non solo “spiando” come vedete nei film o alla TV (benché facciano anche quello, in qualche modo). Nelle seguenti pagine potete leggere di più a questo proposito, giocare ad alcuni giochi ed aiutarci a risolvere alcuni puzzle. In questa sezione, inoltre, vedrete alcune cose top-secret che non troverete altrove.

Ci si chiede come si possano spiegare ai bambini le attività che, parafrasando il titolo dell’ultimo libro di Umberto Eco, Costruire il nemico…, prevedono attività piuttosto controintuitive, soprattutto dal punto di vista dei bambini?
Si immagini per contro il sito ipotetico di “Gladio”, o quello della “P2”. Come avrebbero presentato ai bambini le proprie attività gli iscritti alla loggia? “Vogliamo la nascita di due partiti, l’uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l’altro sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali e democratici della Destra Nazionale), il controllo dei media (quotidiani e la liberalizzazione delle emittenti televisive), la ripartizione di competenze fra le due Camere, con l’assegnazione della funzione politica alla Camera dei Deputati e quella economica al Senato della Repubblica, la riforma della magistratura con la divisione tra ruolo del P.M. e del magistrato, oltre all’assoggettamento del CSM al Parlamento, la riduzione del numero di parlamentari, l’abolizione delle Province e l’abolizione della validità legale dei titoli di studio. Il tutto per il vostro bene, bimbi. Ah, qui di seguito tanti bellissimi giochi: «Il piccolo iniziato», «Gioca con Gervasetto», «Spegni Internet anche tu e passa parola», e tanti altri…”

orazioni, permutazioni e convinzioni – 2

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Il menu “Maps” riserva qualche spunto interessante: vi si trova anzitutto un “Live Bible Maps” che individua su di una cartina in stile Google Maps un buon numero di toponimi presenti nei testi biblici. La seconda icona è poi “CIA Fact Book for Countries”. Qui la definizione “degno di nota” è forse riduttiva, ma il punto sarà analizzato appena dopo.
Le “Historical Picture Maps” sono riservate a coloro che paghino i 2 dollari e 99 centesimi per l’acquisto del CD-ROM associato all’applicazione, e la stessa cosa vale per i “Charles Larkin Charts”. Questi grafici, degni di far parte della Periodic Table of Visualization Methods, sono però rintracciabili senza difficoltà sul Web. Questo sito ne offre diversi fulgidi esempi, pronti per essere pure acquistati (similmente a un “Bible Analyzer”, concorrente del software oggetto di queste righe).
Pure la voce “Old Style Maps” è visibile ai soli possessori del CD-ROM. Non si stenta a immaginare una collezione di mappe geografiche della Terrasanta, con diversi livelli di approfondimento, tutte connotate da un non meglio definibile sapore di “antico”, ove, in prima approssimazione l’intervallo temporale compreso all’interno di questo aggettivo, almeno nella percezione dell’americano che acquista questo software, va dal 1607 al 1963.
Chiudono le voci di menu le incisioni del Doré relative al Nuovo Testamento (solo CD-ROM) e l’Atlante Storico di Shepherd, che nel 2011 compie giusto un secolo. Si tratta di un importante atlante geo-storico-politico, nel quale l’orientamento morale era ben visibile (vedi cartina).
Non vi erano rappresentazioni cartografiche valide e più recenti? Si deve ricorrere a una tecnica datata per raffigurare evoluzioni che con i metodi cartografici e informatici odierni avrebbero ben altre possibilità? O è forse la ricerca a tutti i costi dell’old fashioned (soprattutto nella sua qualificazione morale) a condizionare le scelte dei compilatori di questo programma?

mele, finestre e nuvole

E’ di questi giorni l’annuncio del lancio, da parte di Apple Computers, del nuovo sistema, cosiddetto cloud, per mezzo del quale gli utenti di iMac, iBook, iPad, e più in generale di tutta la galassia di dispositivi marchiati con la mela in grado di connettersi alla Rete, potranno riversare contenuti su una memoria remota contenuti che sino a oggi detenevano in uno o più dei propri devices.
La Apple non è la prima azienda a proporre una simile soluzione, se è vero che associata alle caselle e-mail di Google esiste da circa 4 anni la possibilità di usare Gmail alla stregua di un disco fisso (la datazione varia secondo le funzionalità incluse nel pacchetto; in ogni caso Google è arrivata a proporre soluzioni di questo tipo già diversi anni fa). Flickr da anni consente la memorizzazione di immagini personali caricate via Web. E la lista non è finita, a testimonianza di una tendenza che vuole in misura crescente l’uso della memorizzazione remota.
Chiamando in causa l’adagio vichiano, parrebbe che ancora una volta i corsi e ricorsi storici facciano capolino, poiché l’era informatica precedente la personalizzazione dei computer vedeva la presenza di grandi mainframe, ai quali si chiedevano elaborazioni complesse che solo questi erano in grado di svolgere.
L’attuale crescente centralizzazione delle memorie avviene però per altri motivi, come la necessità di sincronizzazione dei file presenti su più dispositivi (soprattutto per i privati), o la remotizzazione dei backup (soprattutto per le aziende) a fini di sicurezza. Il tutto basato sull’accresciuta (e ancora crescente) velocità di trasferimento dei dati a distanza.
Il dubbio, però è semplice quanto legittimo: se, per fare un esempio, le nostre ricerche su Google determinano poi i contenuti dei messaggi pubblicitaari che ci appaiono durante le nostre navigazioni successive, affidarsi come privati (e, peggio ancora, come aziende) a soluzioni di stoccaggio remoto dei file, non potrà rivelarsi mai pericoloso o quanto meno poco provvido?

orazioni, permutazioni e convinzioni – 1

Il sito biblestudypro.com propone un software che nelle intenzioni dovrebbe consentire una “nuova maniera di studiare” (a new way to study!), come pensabile, nell’ambito dell’esegesi biblica.
Approcciando il software viene da pensare che gli strumenti messi a disposizione permettano un’analisi cabalistica o numerologica delle occorrenze dei lemmi, una relativa alle corrispondenze incrociate tra passi del Vecchio e del Nuovo Testamento, o quantomeno mettano a disposizione una tabella sinottica che consenta al più sprovveduto dei fedeli di risalire all’anno della Creazione, ut traditur (ovvero, “dove non vi è chi non veda”) collocato nel 4963 avanti Cristo. Almeno, una calcolatrice che permetta di dare il valore numerico alle parole bibliche, secondo i dettami dell’alfabeto ebraico, o altro a scelta.
Una breve rassegna dell’applicazione può chiarirne le funzionalità.
La voce di menu “Home” include questi pulsanti, in stile Office 2007 e successivi (l’elenco vale la fatica della trascrizione):
– gruppo “Navigation”:
  • “Back”;
  • “Forward”;
– gruppo “Copy”:
  • “Copy”;
  • “Copy Verses”;
– gruppo “Print”:
  • “Print”;
  • “Print Preview”;
– gruppo “Bookmarks”:
  • “Bookmarks”;
– gruppo “Email”:
  • “Email”;
– gruppo “Export”:
  • “Export Verses”;
– gruppo “Text”, comprendente alcuni testi relativi alla formattazione del testo, il cui elenco si tralascia;
– Gruppo “Share”:
  • “FaceBook Group”;
  • “iPhone/iPad Version”;
  • “Android Version”;
– Gruppo “Bye” (sic!):
  • “Exit”.
Se fino a questo punto non si ha nulla in più rispetto a un degno word processor, e se passando alla voce “Windows” si hanno solamente tasti che permettono un riaggiustamento dei campi informativi presenti nella finestra del programma, il bello arriva con le voci “Tools” e “Maps”. La prima contiene questi pulsanti:
– nel gruppo propriamente detto “Tools”:
  • “Gospel Stories”;
  • “Interfaith Explorer” (sic!);
  • “Topic Guide”;
  • “Verse Guide”;
  • “My Verse List”;
– nel menu “Devotionals”:
  • “Today’s Devotional”;
– nel menu “Maps” si hanno alcune chicche:
  • “Live Bible Maps”;
  • “CIA Fact Book for Countries” (sic!);
  • “Historical Picture Maps”;
  • “Charles Larkin Charts”;
  • “Old Style Maps”;
  • “Gustave Doré New Testament Woodcuts”;
  • “Historical Atlas (Shepherd)”.
Con ordine. “Interfaith Explorer”, che desta una qualche attenzione, è una parte dell’applicativo compresa nel solo CD-ROM dell’opera, disponibile a 2 dollari e 99 centesimi. E’ tuttavia disponibile un download dell’applicazione, anche provvista dei pacchetti complementari per numerose lingue.
Si tratta di poco più di un gestore di testi, selezionati per la lingua scelta (nel nostro caso l’italiano); fatto degno di nota è la presenza di testi sacri categorizzati in rigido ordine alfabetico:
-Bahá’í, religione fondata da Siyyid `Alí Muḥammad Shírází attorno alla metà del xix secolo, che si basava sugli insegnamenti di Abramo, Budda, Gesù, Maometto e se stesso; un po’ come se uno scrittore fondasse un’accademia letteraria i cui membri sono Cervantes, Shakespeare, Hugo, Proust e sé medesimo; da ricordare, fuor di metafora, gli oltre 20 mila adepti di questa religione uccisi nel corso degli anni;
– Cristianesimo;
– Induismo;
– Islam.
Dunque, degni di nota solo gli accenni di sincretismo, che pare essere particolarmente apprezzato dagli abitanti delle Americhe, ma nessun particolare aiuto tecnologico per la “nuova maniera di studiare”, se non quelli, come detto, già a disposizione di un generico editor di testi evoluto.

iconographia taurinensis sive de theatro proximitatis

Nel 1682 per i tipi di Blaeu fu edita ad Amstelodami (Amsterdam nella sua dizione latinizzata) il Theatrum Sabaudiæ, un’opera iconografica che si inserisce nella tradizione europea di atlanti geografici inaugurata un secolo prima (per la precisione nel 1570) dal Theatrum Orbis Terrarum di Abraham Ortelius. Theatrum è termine presentissimo nella letteratura dei secoli xvi e xvii, come può esserlo “manuale” in epoche più prossime. Indica l’atto del mostrare, da intendersi come disvelamento (così come il sipario che si alza mostra il palcoscenico) di ciò che è non noto, sia che si tratti di territori, sia che l’oggetto della “mostra” siano manufatti, animali o comunque materiali di origine biologica.
Il Theatrum Sabaudiæ assolve in modo ragguardevole alla propria missione, dando visibilità alle città e ai territori del ducato Savoia, che proprio in quel periodo si alzava al rango di potenza di livello europeo. Le città viste a volo d’uccello, le piazze in prospettiva, i cartigli a connotare i luoghi (trasponendo la loro funzione alle cose presenti, si direbbe che li “taggano”), le sezioni degli edifici, costituiscono i principali tipi di rappresentazioni iconografiche presenti nell’opera.
Sono ben visibili in ognuna delle quasi 150 tavole le scelte simboliche, cromatiche, il taglio ottico, in definitiva il progetto di fondo, all’insegna del visibile ordine e dell’ostentata stabilità. Ovvio che le città sabaude non fossero proprio come raffigurate nelle tavole, anzi.
Soprattutto, non occorre pensare che la pulizia delle piazze fosse proprio quella, che le sezioni degli edifici fossero così ideali, che le certose e le abbazie fossero così sgombre di piccole costruzioni raccogliticce al loro contorno. E’ la rappresentazione, la messinscena (nel senso letterale), che ovviamente fa propendere per una certa idealizzazione, oltre che per una fissità dello schema. Ordine e sicurezza sono le parole d’ordine.

Oltre tre secoli dopo la famiglia torinese di maggior importanza torna a compiere esercizi di stile nella direzione dell’ordine e della sicurezza. Si parla ovviamente della famiglia Agnelli, che in un periodo di crisi dà prova di seguire dettami stilistici e comunicativi per alcuni versi analoghi a quelli appena analizzati.
Osservando le immagini fotografiche degli ultimi due o tre anni nelle quali siano rappresentati i massimi vertici direttivi della Fiat, si nota come appaiano quasi sempre i soli Sergio Marchionne e John Elkann, rispettivamente amministratore delegato e presidente del gruppo.
Se nel Theatrum Sabaudiae si nota la permanenza delle scelte stilistiche applicate su luoghi diversi, così nelle immagini “di rito” che ritraggono Marchionne ed Elkann si avverte la ripetizione di un cliché, che vede il primo quasi sempre a sinistra nella foto, l’altro ovviamente a destra. Il secondo è quasi sempre sorridente; il primo rivolge spesso gli occhi in alto, o comunque altrove rispetto agli obiettivi.
Entrambi vestono sempre nello stesso modo, perché ciò denota stabilità; Marchionne, con fare quasi sacerdotale, ha spesso una mano sul petto. Elkann lo guarda. Solo raramente, un terzo personaggio appare in mezzo al duo: Luca Cordero di Montezemolo, che normalmente li abbraccia stando in mezzo a loro, sorridentissimo.
Sembra di ritornare ai quiz di Mike Bongiorno, dove l’ospite del caso, cantante o personaggio famoso di altra risma che fosse, era accolto da uno stuolo di fotoreporter, accorsi a documentarne la presenza alla trasmissione. Una carrellata della telecamera sui fotografi ne faceva apprezzare la presenza in massa (si parla ovviamente di una decina di persone); ciò generava un’inversione, per cui l’evento era creato dalla presenza dei fotografi. La documentazione, l’immortalamento come sintomo (in realtà causa) dell’evento.
Che eventi testimoniano le fotografie di Marchionne ed Elkann? Non è dato sapere, poiché sono tutte uguali, sostituibili, ripdoducibili. Quasi come opere di Warhol, sono vere e foto “pop”, nel senso etimologico del termine.
Unica probabile funzione delle immagini (diversamente ne basterebbe una) è la riproposizione, a fini borsistici, del legame tra la proprietà del gruppo e la sua amministrazione. Marchionne parla, Elkann in media no, e la foto deve mostrare il legame tra le due parti, ove le parole non arrivano.

pascaline, perottine e programmi

Programma101 WCSFP promo from massimo arvat on Vimeo.

46 anni, più o meno. Questo è il tempo che ci divide dal video promozionale dell’Olivetti Programma 101, il primo vero calcolatore personale (si rinuncia volutamente alla dizione di “personal computer”), progettato da Pieg Giorgio Perotto. Il filmato è volutamente flabbergasting, vuole stupire a ogni costo, ma preconizza in modo perfetto ciò che sarebbe accaduto a distanza di quasi mezzo secolo: il calcolatore a bordo piscina, a bordo vasca da bagno, a fianco del letto, azionato da un bambino. Non si sa bene che cosa faccia (è in realtà una macchina da calcolo), ma è propriamente un computer.
Si badi che l’idea di computer, a metà di anni ’60, è associata a immacolate sale macchine, dove uomini in camice bianco operano su grossi armadi, se possibile dotati di nastri rotanti in bella vista. Non è previsto per il comune mortale, sia per il suo timor panico nell’approcciarsi a cotali leviatani elettronici, sia per l’ovvia incapacità di utilizzo, esperire un contatto con quelle macchine.
La promessa di Olivetti è opposta, abbassando la soglia di ingresso nel mondo informatico di moltissimi gradini, e giunge quasi in contemporanea con la formazione dei prodromi della Rete delle Reti, che avrebbe avuto compimento con la delocalizzazione delle capacità di elaborazione dai centri ospitanti i mainframe ai calcolatori personali che ben conosciamo.
Anche la profezia più fosca presente nel filmato, quella del ragazzo che parla dei sistemi informatici come attuazione delle prospettive orwelliane di 1984 o dell’ovvio big brother, ossia il controllo di tutti i flussi d’informazione da parte di entità centralizzate, trovi qualche buon fondamento nella situazione all’inizio del secondo decennio del xx secolo.
A differenza di ARPANET, che non dovendo subito confrontarsi con la propria valorizzazione economica su scala diffusa, potè svilupparsi con tutta calma, estendendosi gradatamente e contemporaneamente arricchendosi di funzionalità, specifiche e protocolli, il Programma 101 (da notare come fosse stato presentato senza variazioni di nome sui mercati anglofoni) dovette, per la propria stessa susssitenza, passare al vaglio del mercato, risultando tra l’altro vincente sin da subito. Furono l’assenza di ottiche di lungo periodo a confinarlo in una nicchia che solamente un decennio dopo, con la comparsa del P6040 (dotato di processore Intel 8080), e del P6060 (con processore ancora in tecnologia TTL, ossia transistor transistor logic, ma dotato di stampante grafica e floppy disk), vide Olivetti ripresentarsi sul mercato con innovazioni di rilievo.

mettete l’uranio nei vostri computer

Come si diceva un tempo, “le agenzie battono” in questi giorni la notizia relativa alla realizzazione di una nuova tipologia di memoria di massa. Le dimensioni del modulo base di questa memoria (in realtà si tratta di un micro-magnete, definito come single molecule magnet o SMM) fanno impallidire le pur ridottissime dimensioni dei dipoli che la perpendicular magnetic recording (PMR), la tecnologia degli attuali hard disk, utilizza.
All’Università di Nottingham è stata realizzata una molecola che include due atomi di uranio impoverito e una molecola ponte di toluene. Tale molecola, mantenuta al di sotto di una temperatura definita “di blocco” non lontana dallo zero assoluto, sarebbe in grado di mantenere uno stato magnetico assegnato, essendo l’uranio dotato di proprietà paramagnetiche proprio in quel piccolo intervallo.
Rispetto ai tubi a vuoto, primi elementi elettronici utilizzati nella realizzazione dei calcolatori, poiché primi elementi in grado di modificare il proprio comportamento elettrico in funzione della corrente che li attraversa, si tratterebbe di una riduzione di dimensioni lineari di circa un miliardo di volte.
Anche considerando i più piccoli transistor attualmente in commercio, le loro dimensioni (una cinquantina di nanometri) sono circa 500 volte maggiori rispetto agli SMM.
Oltre ai giustificati dubbi sulla potenziale pericolosità dell’uso di un materiale radioattivo, tutti i pezzi pubblicati si affrettano a ricordare le difficoltà tecniche insite nella realizzazione tecnica di dispositivi di archiviazione di dati dotati di apparati di lettura così piccoli. Dubbi leciti, se si pensa che la lettura può in questi ambiti essere influente sul dato medesimo, eventualmente modificandolo. Ma a metà anni ’60 nessuno avrebbe mai pensato ai circuiti integrati e alle dimensioni che avrebbe raggiunto un transistor anche solamente ai tempi della prima VLSI (Very Large Scale of Integration); e per lo stesso transistor, una quindicina di anni prima, nessuno avrebbe dato un dollaro. Fortunatamente, qualcuno diede qualche yen.

pianeti e rivoluzioni

La copertina di Sociologia della creatività scientifica, saggio di Derek de Solla Price pubblicato da Bompiani nel 1973 in seconda edizione (la prima è del 1967) all’interno della collana “I satelliti” presenta cerchi neri su fondo bianco; uno è enormemente più grande degli altri, e contiene il titolo; gli altri, proprio come satelliti, sembrano orbitare confusi attorno a un sole centrale e centrato nella pagina.
L’opera sembra ricordare uno di quei quadri post-sessantottini descritti ne Il pendolo di Foucault:

All’inizio degli anni sessanta produceva quadri molto noiosi, tessiture minute di neri e di grigi, molto geometriche, un poco optical, che facevano ballare gli occhi. Erano intitolati Composizione 15, Parallasse 17, Euclide X, Ce n’est qu’un debut, Molotov, Cento fiori.

Chissà quanto la copertina era stata scelta in funzione del contenuto del testo.
Resta il fatto che proprio di grandi e piccoli sistemi parla de Solla Price, a cui si deve il termine big science, categoria nela quale sono inclusi tutti i grandi esperimenti per i quali l’esborso monetario è al di sopra di una certa soglia.
L’analisi del sociologo inglese si inserisce nel filone critico della tecnologia, per il quale punto fondamentale era lo scollamento verificatosi tra dominio scientifico/tecnologico e sfera sociale, dal momento in cui gli esperimenti avevano raggiunto dimensioni non più paragonabili alle sfere d’azione degli individui che li svolgevano, quindi non più funzionali per quelli e in definitiva più difficilmente controllabili, se non con una potente organizzazione centrale.
In sintesi, de Solla Price e i suoi colleghi (tra cui Carson e Snow, assertore delle “due culture”) propugnavano un ritorno a una scala più “umanizzata”, controllabile dalle conoscenze e dalle forze distrettuali, oltre che maggiormente sostenibile da un punto di vista ecologico.
L’analisi, come ovvio, era calata in un mondo dove la realtà industriale produttiva era ancora il fattore trainante, ma è validissima ancora nella situazione odierna, dove una contrapposizione nucleare+centralizzato/solare+delocalizzato non dovrebbe nemmeno esistere nelle menti di chi concepisce un piano energetico sensato. Gli esempi sono molti, e pare che una cecità selettiva colpisca le visioni di molti governanti.

streamline strikes back

Rieccola, l’estetica streamline. Dopo le prime apparizioni a inizio secolo, l’uso ben visibile nel corso degli anni ’30 e la scorpacciata degli anni ’50 del xx secolo, quando la sua moda non contagiò il solo mondo delle automobili, arrivando persino a connotare in modo inequivocabile anche elettrodomestici “insospettabili” come aspirapolvere e ferri da stiro, questa cifra stilistica riemerge di tanto in tanto come un fiume carsico, e la sua visibilità è tanto maggiore quanto meno necessaria è l’aerodinamicità dell’oggetto che ne viene condizionato.
Se infatti le “pinne da squalo” delle cabriolet e berline americane avevano una pur lontana giustificazione pratica, permettendo a quelle automobili una migliore penetrazione nell’aria, se le forme affusolate dei grattacieli (si pensi al Chrysler Building) trovavano un’antenata illustre come la Torre Eiffel, che dall’aerodinamica dipende per la propria esistenza, così non era per innocui oggetti casalinghi, come i ferri da stiro, che tuttavia subirono redesign in virtù dell’estetica delle linee filanti. Il ferro da stiro Zenit (anni ’50) ne è un esempio. L’idea era che una forma aerodinamica, non solo della parte che compiva lo scivolamento, ma pure del corpo e del manico, promettesse una maggiore facilità d’uso, un aumento della velocità di lavoro.
Parla bene di queste concezioni Fabrizio Carli, nel suo Elettrodomestici spaziali, edito da Castelvecchi (2000). Analizzando gli elettrodomestici nel xx secolo Carli porta avanti una tesi che può essere ridotta a questi termini: a quale estetica si possono rifare degli oggetti nuovi per essere “vestiti”? Ovvio, a quella più di moda in quel periodo. Con la fantascienza in piena crescita, la scelta era quasi obbligata. E quindi dischi (spaziali), forme allungate, filanti, aerodinamiche, veloci, in una sorta di futurismo cristallizzato negli oggetti di uso quotidiano.

A volte ritornano, si diceva. Entra a pieno titolo nella categoria degli elettrodomestici spaziali il FRITZ!Box Fon WLAN 7390. Come aumentare la velocità di connessione a Internet? Come migliorare la qualità delle chiamate VoIP? Con un buon hardware, certo, ma soprattutto con un moder/router/firewall/chipiùnehapiunemetta che solchi le autostrade telematiche con la minore resistenza aerodinamica possibile. Il design, con tutta probabilità in modo voluto, riprende proprio le linee delle berline americane degli anni ’50, con qualche contaminazione dalla fantascienza degli anni ’80.
In fondo, non nascondiamoci dietro un dito, si è sempre parlato di “autostrade telematiche”.

c’erano… sette fili di canapa… – 2

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Quella che sembra una novità si rivela essere una riproposizione dell’uso di una pianta che ha segnato l’Antichità. La canapa, citata in più passaggi della Bibbia, è stato tessuto largamente utilizzato sin da tre millenni or sono, in Europa Orientale, in Medio Oriente e in Asia, anche se la pianta in sé ha usi ancora più remoti.
La sua fortuna deriva dalla diversificazione dell’uso delle sue varie parti: quella fibrosa, utile per realizzare corde e tessuti, quella fogliare, utile come cibo per gli erbivori addomesticati, e la componente oleosa, utilizzabile in vario modo.
Sino all’uso massiccio del cotone, iniziato attorno agli anni ’20 del xix secolo le stoffe, i tessuti e i vestiti erano fatti di canapa. Il filato della pianta di canapa, ottenuto per maciullamento delle parti corticali della pianta e loro successiva filatura, analogamente a quello della lana animale, non era facilmente lavorabile in modo meccanico come poteva esserlo il cotone, che per le proprie caratteristiche meccaniche (in particolare la resistenza alla trazione) meglio si prestava all’impiego delle macchine per la filatura e la tessitura.
Di particolare importanza fu l’uso dei filati di canapa nella fabbricazione delle vele e del sartiame; l’evoluzione delle marine europee si basò pesantemente sulla disponibilità di questo materiale, anche in questo caso sino a quando una nuova tecnologia nata nel periodo della Rivoluzione Industriale, la caldaia a vapore, lo soppiantò.
Similmente avvenne per i libri, anche se in questo caso l’interruzione dell’utilizzo della canapa per fabbricare carta non sembra derivare da considerazioni meramente tecnologiche. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti stimò nel 1916 che nel giro di un quarto di secolo tutta la carta sarebbe stata prodotta con la canapa. La considerazione di sistema nasceva dal fatto che la un appezzamento a canapa produceva la stessa carta di un’area quadrupla coltivata ad alberi, con un inquinamento che poteva essere anche di sette volte minore.
A ciò si aggiungeva la tipologia di coltura, particolarmente agevole, sia per il tempo di sviluppo (è sufficiente una sola stagione), sia per la morfologia della parte radicale (che lasciava il terreno pronto per la semina della stagione successiva una volta estirpato), sia per la facilità della conduzione (la massa fogliare piuttosto densa impedisce la crescita delle piante parassite).
Perché la canapa non ottenne il successo preventivabile?