Il Theatrum Sabaudiæ assolve in modo ragguardevole alla propria missione, dando visibilità alle città e ai territori del ducato Savoia, che proprio in quel periodo si alzava al rango di potenza di livello europeo. Le città viste a volo d’uccello, le piazze in prospettiva, i cartigli a connotare i luoghi (trasponendo la loro funzione alle cose presenti, si direbbe che li “taggano”), le sezioni degli edifici, costituiscono i principali tipi di rappresentazioni iconografiche presenti nell’opera.
Sono ben visibili in ognuna delle quasi 150 tavole le scelte simboliche, cromatiche, il taglio ottico, in definitiva il progetto di fondo, all’insegna del visibile ordine e dell’ostentata stabilità. Ovvio che le città sabaude non fossero proprio come raffigurate nelle tavole, anzi.
Soprattutto, non occorre pensare che la pulizia delle piazze fosse proprio quella, che le sezioni degli edifici fossero così ideali, che le certose e le abbazie fossero così sgombre di piccole costruzioni raccogliticce al loro contorno. E’ la rappresentazione, la messinscena (nel senso letterale), che ovviamente fa propendere per una certa idealizzazione, oltre che per una fissità dello schema. Ordine e sicurezza sono le parole d’ordine.
Oltre tre secoli dopo la famiglia torinese di maggior importanza torna a compiere esercizi di stile nella direzione dell’ordine e della sicurezza. Si parla ovviamente della famiglia Agnelli, che in un periodo di crisi dà prova di seguire dettami stilistici e comunicativi per alcuni versi analoghi a quelli appena analizzati.
Osservando le immagini fotografiche degli ultimi due o tre anni nelle quali siano rappresentati i massimi vertici direttivi della Fiat, si nota come appaiano quasi sempre i soli Sergio Marchionne e John Elkann, rispettivamente amministratore delegato e presidente del gruppo.
Se nel Theatrum Sabaudiae si nota la permanenza delle scelte stilistiche applicate su luoghi diversi, così nelle immagini “di rito” che ritraggono Marchionne ed Elkann si avverte la ripetizione di un cliché, che vede il primo quasi sempre a sinistra nella foto, l’altro ovviamente a destra. Il secondo è quasi sempre sorridente; il primo rivolge spesso gli occhi in alto, o comunque altrove rispetto agli obiettivi.
Entrambi vestono sempre nello stesso modo, perché ciò denota stabilità; Marchionne, con fare quasi sacerdotale, ha spesso una mano sul petto. Elkann lo guarda. Solo raramente, un terzo personaggio appare in mezzo al duo: Luca Cordero di Montezemolo, che normalmente li abbraccia stando in mezzo a loro, sorridentissimo.
Sembra di ritornare ai quiz di Mike Bongiorno, dove l’ospite del caso, cantante o personaggio famoso di altra risma che fosse, era accolto da uno stuolo di fotoreporter, accorsi a documentarne la presenza alla trasmissione. Una carrellata della telecamera sui fotografi ne faceva apprezzare la presenza in massa (si parla ovviamente di una decina di persone); ciò generava un’inversione, per cui l’evento era creato dalla presenza dei fotografi. La documentazione, l’immortalamento come sintomo (in realtà causa) dell’evento.
Che eventi testimoniano le fotografie di Marchionne ed Elkann? Non è dato sapere, poiché sono tutte uguali, sostituibili, ripdoducibili. Quasi come opere di Warhol, sono vere e foto “pop”, nel senso etimologico del termine.
Unica probabile funzione delle immagini (diversamente ne basterebbe una) è la riproposizione, a fini borsistici, del legame tra la proprietà del gruppo e la sua amministrazione. Marchionne parla, Elkann in media no, e la foto deve mostrare il legame tra le due parti, ove le parole non arrivano.