Categoria: steampunk
Steampunk!
Sebbene si immaginino elaboratori, questi non sono elettronici, ma analogici (come lo erano le macchine di Babbage); semmai, l’unica forma concessa al campo elettromagnetico è il magnete.
Iniziatrice del genere è a buon titolo La macchina della realtà, pubblicato nel 1990 a firma di William Gibson e Bruce Sterling.
Tra le opere cinematografiche, La leggenda degli uomini straordinari (2000), con Sean Connery, è tra i migliori esempi di film steampunk. La stessa saga di Mad Max (1979, 1981 e 1985), interpretata tra gli altri da Mel Gibson, può ricadere nella categoria. Non ultimo, Brazil di Terry Gilliam (1985) è da considerarsi appieno come opera del genere.
Qui di seguito sono visibili degli esempi di oggetti steampunk; non per forza sono funzionanti (ma spesso sì!), ma danno un’idea di che cosa sia il filone.
l’iPad a vapore
L’iPad quindi come segnale di assenza di serietà. E quale migliore maniera di conferire ottocentesca serietà al tablet più famoso? Dotarlo di meccanica schiera di tasti, più politicamente corretta dell’effimero tastierino software (si noti come “tastiera” corrisponda alla compitezza della dattilografa e “tastierino” all’estemporaneità dell’utenza virile).
Ritorna l’archetipo, quindi, che intervenne nella realizzazione della forma del computer destinato all’utenza allargata: una macchina per scrivere, il fondamento, il noto, associata a uno schermo, oggetto eminentemente del dopoguerra e quindi nuovo, che pur già comune nelle case sotto forma di televisione, non era stato sino a quel momento controllabile, e quindi ancora da esorcizzare nella sua forma “personale”. Si vede bene questa combinazione in Brazil di Terry Gilliam.
Un oggetto, in definitiva, inconsciamente (e meravigliosamente, si può dire?) steampunk, che nelle didascalie delle immagini appare come tale: si rassicura l’utente dicendogli “Non you can really throw your netbook away” (si badi, non il laptop o notebook, ma la sua deriva minimalista), o “Full-sized keys” (le piccole dimensioni dei tasti li rendono poco seri), pur ricordandogli che la custodia “Folds over easily for normal use”. Siamo ancora in pieno assestamento, se il ritorno alla tastiera riconduce ad ambiti consueti o normalizzati, riconoscendo però che il “normal use” è quello per cui l’oggetto è stato progettato.
L’utente è ancora spiazzato, segno dell’inutilità del pur bellissimo oggetto o degli assestamenti verso una nuova tipologia di strumenti informatici personali?