Galline, Avatar e resistenze, o della stereoscopia e del 3D / 2

(continua il post del 19/01/2010)
Nelle prime fasi di un corso di elettrotecnica, appena completato lo studio dei componenti passivi di un circuito (gli elementi, cioè, come il resistore, il condensatore e l’induttore, che non generano più energia di quanta ne viene loro fornita), ad una svolta di pagina appare uno strano circuito, simile a prima vista a un aspo per la raccolta del filato. In realtà si tratta del cosiddetto ponte di Wheatstone, insieme di resistenze note (fisse e variabili) e di una ignota, di un generatore di tensione (una pila, ad esempio) e di un galvanometro (misuratore di intensità di corrente) di precisione.
Il dispositivo permette, per mezzo della variazione di una resistenza (ipoteticamente, la r2 della figura), la determinazione della resistenza r4.
Stilisticamente ineccepibile, il ponte di Wheatstone è utilissimo per calcolare efficacemente e in modo preciso le resistenze degli elementi circuitali, e in definitiva per un corretto funzionamento dei circuiti. Sfrutterà il medesimo principio il ponte di Maxwell, o ponte universale, con il quale è possibile misurare anche le induttanze e le capacità.
A Charles Wheatstone si debbono importanti perfezionamenti nella telegrafia; codificò una tecnica crittografica che prese di cifrario Playfair dal nome dall’amico Lord Playfair; nel 1832 inventò uno strumento aerofono (alla famiglia degli aerofoni appartiene anche la fisarmonica) dal quale derivò la concertina; e soprattutto ideò lo stereoscopio, un apparato con il quale poteva effettuare la visione di immagini al fine di percepire otticamente la profondità degli oggetti rappresentati.
Gli sviluppi della fotografia e la corrispondenza con il fotografo William Fox Talbot permisero a Wheastone di sviluppare la tecnica stereoscopica con i negativi; al brevetto dello stereoscopio non seguì tuttavia il successo sperato. Si dovette attendere il perfezionamento dell’invenzione da parte di David Brewster (già ideatore del caleidoscopio) nel 1849 perché l’Esposizione Universale del 1858 portasse alla ribalta il dispositivo. Come per molte altre invenzioni, la “benedizione” della regina Vittoria fu sigillo di certo valore.
Brewster rese portatile lo stereoscopio, trasformandolo da un apparato piuttosto pesante con specchi e prismi a una sorta di binocolo portatile e pieghevole attraverso il quale poteva essere consultata ovunque una coppia di immagini stereoscopiche.
Nel frattempo (1852), si inventava la macchina fotografica stereoscopica, ma la seconda metà del xix secolo portava la tecnica stereoscopica a una prematura fine, surclassata, così come la visione attraverso la lanterna magica e il caleidoscopio (quest’ultimo ridotto quasi a una pura locuzione), dalla nuova tecnica che apparve nell’ultimo decennio del secolo: il cinema.
Sarà la nuova tecnica cinematografica a chiamare in causa la stereoscopia, che nel corso del xx secolo avrà nuovi spazi in combinazione con il movimento delle immagini proiettate. Si passerà ciclicamente dalla paura allo stupore, con rappresentazioni il cui grado di realismo ha fatto porre numerose questioni di tipo filosofico sul significato della visione.

(continua)