Al liceo del giallo

Un amore bonsai

di Barbara Zanetti

Recensione di Un amore bonsai, di Barbara Zanetti, Milano : Indies g&a, 2014
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All’autrice non mancano le idee per costruire una storia; non mancano una discreta abilità scrittoria, un gusto per il particolare non essenziale (che nei gialli è sale e pepe) e la capacità di costruire i personaggi. Questi sono vivi, sono persone, nelle loro piccole manie e nelle loro paure, sul lavoro e nella vita privata.
Nel complesso, però, Un amore bonsai sembra scritto da una liceale del giallo. Zanetti si prende giustamente cura di stupire, agganciare e rassicurare (quando serve) il lettore, ma lo fa spesso scavalcando le necessità della storia, che dovrebbe vivere di vita propria, e invece appare sempre nella propria intelaiatura: la trama pare composta di elementi di vita vissuta (da qui la veridicità di molti passi) e costruzioni sceniche un po’ banali, perdendo così l’omogeneità che le darebbe maggiore forza.
Tre stelle perché il libro si fa leggere, e perché un’altra chance alla coppia investigativa va data.

Filosofia enterica, cereali e Alessia Marcuzzi

Il secondo cervello

di Michael D. Gershon

Recensione di Il secondo cervello di Michael D. Gershon, Torino : UTET, 2012
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Che Il secondo cervello sia una lettura consigliabile ai medici è indubbio. Che un moto di curiosità possa spingere il curioso della fisiologia a leggerlo è perfettamente comprensibile: non ho in mano l’originale, ma la traduzione di certo rende bene lo stile del classico saggio americano, che guida il lettore senza mai fare il passo più lungo della gamba, alternando la nozione a effetto all’approfondimento di matrice più eminentemente scientifica. Gershon, poi, è scienziato serissimo, e i fondamenti della sua ricerca non sono da mettere in discussione.
E’ forse il caso, tuttavia, di muovere qualche critica sistematica all’approccio del testo. Se l’evoluzione ha portato l’uomo a mantenere un cosiddetto secondo cervello (si tenga presente che il numero di neuroni presenti nel cervello è circa un migliaio di volte maggiore di quello che popola i visceri, mentre per le connessioni neurali il rapporto esplode a ordini di grandezza ben maggiori), ci sarà ben un motivo. L’essere umano sano non ha particolari pensieri riguardo alle proprie deiezioni, e fare filosofia non ha paragone con il controllare consistenza, colore e frequenza della propria cacca. Dunque, giova all’uomo e alla sua sopravvivenza tenere le funzioni separate.
L’autore afferma giustamente che nessun pensatore compie bene il proprio mestiere se ha turbe gastrointestinali. Cartesio, dice Gershon, ha potuto formulare il proprio cogito ergo sum perché il suo intestino era in ordine. Senza dubbio. Ma che dire dei reni? E’ arcinoto che una colica renale causa il dolore che avvicina di più l’essere maschile alle “gioie” del parto. Che avrebbe scritto Cartesio con una pietruzza calcarea bloccata nelle vie urinarie? E la protrusione discale, per non arrivare all’ernia, ad esempio in posizione L5-S1, ha forse minore nobiltà dolorifica? Chi è in grado di scrivere di filosofia con la schiena bloccata? Per non parlare del dolore ai denti, dei tagli alle mani, della tracheite, dell’asma da acari. Un laringospasmo sofferto dalla mia figlia minore a due anni di età mi ha preoccupato di più di quanto non mi potranno preoccupare tutte le stipsi della sua vita, siano esse causate da cicli ormonali muliebri, sia da stress della vita moderna.
Già, la vita moderna: lì, dicono gli psicologi, stanno molte cause dei nostri malesseri intestinali. Visto che l’autore conferma che il 20% degli americani soffre di disturbi funzionali dell’intestino, il resto forse lo fanno le catene di fast food. Più di tutto vale però lo stress, che disorienta il sistema nervoso enterico sconvolgendone il funzionamento normale. Di fronte a questa causa fanno sorridere figure come quella del signor Kellogg (quello dei cereali), propugnatore del clistere utile alla defecazione almeno ogni sei ore (non di più, altrimenti, siccome la cacca è sporca, tenendola nell’intestino si prendono le malattie) e di Alessia Marcuzzi, latrice delle virtù del Bifidus Actiregularis, il cui nome dovrebbe dare l’idea di un intestino orologiaio, ma mette ansia alla sola pronuncia (salvo il fatto che non esiste). Acquistano invece valenza scaramantica L’inno del corpo sciolto di Benigni, e la canzone di Carletto, liberatoria quant’altre mai pur non essendo chiaro che cosa faccia Carletto nel letto (atto grosso o atto piccolo?). Ad ogni modo, la vita ben ritmata mette a tacere qualsiasi voce di neurone intestinale.
Il testo di Gershon è vivace, documentatissimo e genuinamente scientifico: solamente, la sua lettura deve aprire prospettive, e non far chiudere il lettore in un integralismo enterico che provocherebbe i mali da cui invece ci si vuole difendere.

Una ricetta possibile, anzi, quasi infallibile

Il cigno nero

di Nassim N. Taleb

Recensione de Il cigno nero di Nassim N. Taleb, Milano : Il Saggiatore, 2014
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Prendete un libanese (anche se Taleb preferisce definirsi “levantino”) naturalizzato statunitense, prima gestore di hedge funds e poi quant (un misto tra un ingegnere, un matematico e uno statistico), consulente, professore universitario, con un fisico da buttafuori ottenuto con particolari allenamenti che contemplano solo massimali, che decide le proprie portate al ristorante replicando quelle ordinate dalla persona più grassa seduta a tavola, e che per evitare conversazioni non volute si spaccia per autista di limousine.
Prendete un argomento come la statistica, fumo negli occhi per molti, fonte di guadagno per pochi, ma comunque presente in molte situazioni della vita comune, e consideratene gli aspetti legati alle cosiddette code delle distribuzioni, ossia agli eventi rari che sono molto improbabili ma comunque possibili.
Infine, fate scrivere al primo un libro sul secondo. C’è qualche probabilità che possa uscirne qualcosa come Il cigno nero, uno dei saggi più noti e più discussi degli ultimi dieci anni.
Con il suo fare sornione Taleb porta alla scoperta dei “cigni neri”, gli eventi che nessuno si dà la briga di prevedere perché sono così infrequenti che ce ne si può dimenticare. Ma comunque accadono, proprio come l’animale cigno nero, non considerato come possibile sino alla sua scoperta avvenuta nel 1697. Il parco giochi naturale di Taleb è la borsa, ma le sue considerazioni sono di più ampio respiro. Comprendono la storia nel suo complesso, che è dimostrazione dell’impredicibilità degli eventi (l’assassinio dell’Arciduca Ferdinando, casus belli del primo conflitto mondiale, ad esempio), andando alle scoperte scientifiche, nelle quali il caso ha un ruolo spesso importantissimo, per approdare alla teoria del caos. Tutto giustifica l’approccio tipico dell’uomo, che applica modelli e crede nella propria conoscenza sino a – alcune volte – doversene pentire, perché reso incapace di prevedere i cigni neri proprio per via dei modelli che usa. Giusto per non risultare troppo pessimista, Taleb dispensa comunque qualche consiglio (il “so di non sapere” socratico è per lui un toccasana) su come convivere con questa situazione apparentemente incomprensibile, pur con la spada di Damocle del “non possiamo proprio prevedere” che dà il titolo alla seconda parte del testo.
Il cigno nero non è di lettura agevolissima, ma con un po’ di pazienza si può aggredirlo. Il risultato è con tutta probabilità una migliore conoscenza del mondo che ci circonda.

L’ultimo degli stoici

Segnali di fumo

di Andrea Camilleri

Recensione di Segnali di fumo, di Andrea Camilleri, Milano : Mondadori, 2014
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Altro che i segnali di fumo: qui siamo di fronte a una piccola intensa opera filosofica. Camilleri alterna giudizi sull’attualità a considerazioni di portata generale. E’ in queste ultime che dà il meglio, raggiungendo picchi che non fanno sembrare irriguardoso il paragone con il Marco Aurelio dei _Pensieri_. Sono pagine di un uomo che si considera giunto al termine del proprio percorso, ma che sparge con vivacità la propria esperienza. E non inganni la forma breve di queste meditazioni: è lì che sta la saggezza degli stoici.

Vademecum del bravo lettore

Da una notte all’altra: Passeggiando tra i libri in attesa dell’alba

di Carlo Fruttero

Recensione di Da una notte all’altra: Passeggiando tra i libri in attesa dell’alba, di Carlo Fruttero, Milano : Mondadori, 2015
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“Difficile trovare qualcuno che possa, come Carlo Fruttero, parlare di letteratura in modo così leggero e allo stesso tempo così preciso. I 31 titoli effettivamente analizzati sui 100 previsti (Fruttero è scomparso prima di portare a termine il libro) sono una selezione parziale e comunque significativa della narrativa mondiale e italiana, da Tucidide a Cervantes, e di lì passando per Voltaire, Constant con Adolphe, ma anche I promessi sposi, Pinocchio, per arrivare al Guareschi di Don Camillo, al Calvino de Il barone rampante e al Levi di Se questo è un uomo. Talvolta la sveltezza del testo ricorda quella di Incipit, che ormai vent’anni fa Fruttero scrisse con l’altra metà della “Ditta”, Franco Lucentini. Mentre la disposizione senza ordine percepibile dei titoli è invece manifestazione del filo conduttore dato dall’autore stesso, a confermare che, almeno in letteratura, tout se tient. Un vademecum di sicuro valore per non perdersi nel mare delle pubblicazioni che tra cinque anni nessuno ricorderà più.

fosforo per memorie arrugginite

un uomo bruciato vivo

di Dario Fo

Recensione di Un uomo bruciato vivo: Storia di Ion Cazacu, di Dario Fo, Milano : Chiarelettere, 2015
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Il testo di Dario Fo ha due valenze, parzialmente sovrapposte. La prima è di ricordare la storia di Ion Cazacu, il piastrellista rumeno bruciato vivo dal proprio datore di lavoro (il termine assume qui un significato appena macabro) nel 2000, come simbolo degli sfruttamenti piccoli e grandi ai quali sono sottoposti i lavoratori, non solo dell’edilizia, ma di qualsiasi settore.
Il secondo sta proprio nella valenza del ricordo. Un paese la cui memoria politica è – si dice- attorno ai sei mesi è un paese nel quale la libertà si autolimita. L’ampliamento della memoria (non solo di quella politica, si intende) è funzionale a orientarsi in un mondo complesso, per dare appoggi e forza alle proprie opinioni. Oltre al merito per aver risollevato la questione, Fo si prende anche quello di farlo senza retorica, trappola nella quale era facile cadere, e che invece il premio Nobel evita come suo solito. Da leggere non per dovere morale ma per farsi del bene.

E vissero quasi sempre abbastanza felici e contenti

Fiabe e storie

di Hans Christian Andersen

Recensione di Fiabe e storie di Hans Christian Andersen, Milano : Feltrinelli, 2014
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Dalle fiabe e dai racconti di Andersen non bisogna aspettarsi due cose: che siano a lieto fine, e che siano pensate per i bambini. I racconti sono ricchi di personaggi dalla cattiveria quasi perfetta, luciferina, mentre altri fanno della dabbenaggine il loro segno distintivo; altri ancora brillano per bontà. Ovvio che in particolare con i primi ci si possano aspettare finali diversi dal classico “e vissero felici e contenti”: è il caso del racconto del bambino cattivo, di quello del collo di bottiglia, di quello celebre dei vestiti nuovi dell’imperatore e di numerosi altri.

A volte anche le morali non sono proprio facili da cogliere; in altri casi sono evidentissime. E se alcune volte le realtà raccontate sono molto distanti, non solo nel tempo, ma anche nei modi, dal nostro modo di pensare, in altre sembrano pensate ieri. Non è difficile intravedere alcune storie come fonte di ispirazione per un comico senza tempo come Roberto Benigni, che ad esempio nella caratterizzazione del personaggio del “piccolo diavolo” deve aver avuto ben presente l’immaginario fiabesco di Andersen, addirittura negli spunti comici.
Lettura consigliatissima soprattutto ai grandi, ma anche ai piccoli, sebbene sia in questo caso necessaria una selezione preventiva delle storie da parte dei primi.

Periodo ipotetico

Un’ombra più bianca del pallido

di Michele Giocondi

Recensione di Un’ombra più bianca del pallido di Michele Giocondi, Firenze : GoWare, 2014
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Sin da principio Un’ombra più bianca del pallido parrebbe opera scritta da un APS, che nella definizione de Il pendolo di Foucault è il cosiddetto “autore a proprie spese”. In altri termini, colui che, magari al termine di una professione ben condotta in altri campi, ha l’ambizione di vederla coronata dall’opera letteraria che lo renderebbe immortale, o almeno “riconosciuto dai vicini, dagli abitanti del quartiere, e di quello dove ha abitato prima”.
Questo spiegherebbe gli aggettivi, che quando va bene sono quelli che ti aspetti da un paio di righe, mentre quando va meno bene sono iperbolici (i capelli sono ovviamente “argentati”, la brasiliana è “splendida”, i piatti sono “succulenti” addirittura in un dialogo, per arrivare al “vago cenno di assenso”); i dialoghi, al cui confronto quelli del tenente Colombo sembrano scritti da Calvino; la caratterizzazione linguistica della “splendida brasiliana”, che pare essere di madrelingua spagnola; gli anacoluti che subito sembrano una strizzata d’occhio a un linguaggio da semicolti ma che non hanno alcuna carica ironica (“accedere in un appartamento” non è costrutto valido, mai; e se proprio vogliamo sottilizzare, i numeri non si scrivono in cifre, in un testo letterario, per cui “6 uomini a ogni turno” non è corretto, ma è il meno); l’incipit, che sarebbe potuta essere la frase messa in bocca da Luciano Salce alla maestrina di Pierino tanto per farle dire qualcosa di “letterario” (“Il sole pallido illuminava debolmente i tetti delle città”); il finale, che dire confuso è eufemismo.
Per questi motivi Giocondi, se fosse APS, meriterebbe uno spazio nel Dizionario degli italiani illustri (l’idea è presa dal Pendolo), che lo inserirebbe probabilmente in questa sequenza:
GIOBERTI Vincenzo (Torino, 1801 – Parigi, 1852). Presbitero e politico, conosciuto perloppiù per il Primato morale e civile degli italiani. GIOCONDI Michele (Firenze, 1951). Educatore, massimamente nelle scuole superiori, per il cui cursus ha firmato manuali di storia di grande fama. La sua figura giganteggia nella letteratura italiana del nostro secolo. Il Giocondi si è rivelato sin dal 2014 con Un’ombra più bianca del pallido, primo volume di una eptalogia di ampio respiro la cui pubblicazione definitiva è già oggetto del desiderio del pubblico tutto. GIOIA Melchiorre (Piacenza, 1767 – Milano, 1829). Massone, autore del Nuovo Galateo.
Ovviamente la speranza è che sia tutto una congettura. In special modo l’eptalogia.

L’imperfetto di troppo

L’invisibile

di Pontus Ljunghill

Recensione di L’invisibile di Pontus Ljunghill, Milano : Guanda, 2014
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Chirurgico. Si addice alle atmosfere svedesi che tratteggia. Mai una parola di troppo, un tecnicissimo lavoro di cesello che si percepisce, e renderebbe la lettura un impegno gradevole, ossia un piacere. Peccato che per arrivare al cuore della storia occorra farsi strada in una selva di passati remoti e di imperfetti che introducono e diluiscono i precedenti in una sospensione che, come direbbe Paolo Conte è simile a “una nebbia che sembra di essere dentro a un bicchiere di acqua e anice”. Che può pure piacere, per carità.
Da Ljunghill non si pretende un calore sudamericano, ma il suo misuratissimo stile (si badi, è un esagerazione per dare forza all’idea) è più simile a quello di un bugiardino che a quello di un romanzo. Peccato, perché l’impianto del testo funziona, e l’autore ha belle intuizioni sceniche. Guardando verso Nord c’è di molto meglio (anche nella stessa “offerta lampo” di oggi).

Né carne né pesce

Dall’idea alla pagina

di Guido Conti

Recensione di Dall’idea alla pagina di Guido Conti, Milano : Corriere della Sera, 2014
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L’idea alla base è chiara: poiché di Nathaniel Hawthorne furono pubblicati postumi alcuni taccuini, nei quali lo scrittore americano metteva giù idee iniziali, pensieri legati al proprio modo di scrivere e di approcciare le storie, queste indicazioni possono essere utilizzate come “consigli per un aspirante scrittore”. Questi potrà partire dall’appunto del taccuino, per ragionare su suoi possibili sviluppi, e vedere come realmente l’autore abbia convertito il pensiero di un istante in letteratura.
Peccato che Conti oscilli tra un approccio tecnico alla scrittura, ciò che in effetti ci si potrebbe attendere da un manualetto di questo tipo, e una lettura della poetica dell’autore, un’esegesi che è tanto utile quanto lo è un volume sulla storia dell’elettricità quando si deve realizzare un impianto elettrico casalingo.
Questo libretto mostra ancora una volta come il tema della scrittura creativa sia di difficile approccio. Vivamente consigliato, come alternativa, Consigli a un giovane scrittore di Cerami.