la storia del denaro / 2

(continua il post del 13/01/10)

2) Si diceva come, per la realizzazione di “moneta” (il termine è qui ancora usato nel senso esteso, e non designa i dischi metallici), la scelta ricadde su materiali che, per propria intrinseca scarsità, non potevano essere facilmente trovati. I metalli erano un’ovvia opzione, poiché uno stesso quantitativo di metallo puro (o quasi) ha sempre lo stesso peso, e dunque sono misurabili; poiché sono inalterabili rispetto a un insieme di sollecitazioni ordinarie (come gli agenti atmosferici e condizioni di pressione e temperatura non estreme); e poiché la loro rarità, in tempi antichi, era dovuta alle difficoltà legate al loro ottenimento. Tuttavia, anche altri oggetti preziosi si mostrarono utili al bisogno.

Sino alle soglie del I millennio a.C. non era frequente l’accumulo di ricchezza, perché non vi era molta possibilità di immagazzinarla stabilmente con qualsiasi mezzo. Spesso, ciò che un “ricco” guadagnava era speso a fondo perduto.
La situazione mutò quando, attorno al VII secolo a.C., nel piccolo regno della Lidia, in Asia Minore, furono coniate le prime monete (elektron, termine con il quale si designava anche la lega di oro e argento che si poteva trovare in natura in quelle regioni). Il loro peso, il loro titolo (la purezza, cioè, del metallo di cui erano costituite) erano garantiti dallo Stato: diventavano così universalmente (ove l’universo è l’ambito geografico di diffusione della moneta) possibili gli scambi. Anziché abbisognare dei tassi di interscambio tra ciascuna delle merci e tutte le altre (a quanti zucchini corrisponde un’oca? A quante oche corrisponde un carretto? E questo vale quanti sacchi di grano? Si ha un’idea di come, con questi passaggi, sia difficile stabilire il tasso di scambio tra grano e zucchini), basta il solo tasso di qualsiasi merce in riferimento alle monete.
Iniziano le contraffazioni: si ricorda la celebre dimostrazione di Archimede, che stabilisce peso e volume di una quantità di metallo con uno stratagemma, mostrando come quello che si pretendeva come oro fosse in realtà una lega di metalli meno nobili.
In questo periodo nasce anche il prestito (tra l’altro, in Grecia e in Mesopotamia i tassi di prestito erano compresi tra il 10 e il 40%!).

I tre metalli da sempre preferiti per il conio delle monete furono l’oro, l’argento e il rame (quest’ultimo, non tanto per il proprio valore, quanto per le proprietà che conferiva alle leghe nelle quali era immesso). Nei momenti di maggiore crisi economica, le zecche battevano moneta in leghe con una maggiore concentrazione di rame, ciò che causava alle volte una mancata accettazione del denaro metallico nelle transazioni economiche, poiché il valore nominale era maggiore di quello intrinseco.
Tra oro e argento, i metalli più importanti per la battitura delle monete, nel Medioevo europeo e islamico fu formalizzato un rapporto di interscambio, che permetteva la conversione delle monete in oro in una quantità di argento, e viceversa. Secondo la disponibilità del momento, l’apertura o la conoscenza di miniere per l’ottenimento dei due metalli, questo rapporto oscillò tra 1 : 10 e 1 : 12 per lungo tempo.

Tra i materiali non metallici, uno tra i più utilizzati per la realizzazione di titoli di scambio economico fu l’ossidiana, cristallo vetroso di origine vulcanica, da lunghissimo tempo utilizzato per la produzione di punte di frecce e lance, e perfetto per le proprie caratteristiche di inalterabilità e rarità (ovviamente nelle zone vulcaniche è rintracciabile più facilmente).

(continua)