14 – Leonardo e Galileo: scontro tra titani

Leonardo da Vinci e Galileo Galilei rappresentano i massimi picchi del pensiero umano prima e dopo la rivoluzione scientifica. Il primo portò all’estremo livello lo spirito rinascimentale, e l’altro fu il vero iniziatore del metodo scientifico, con tutto quanto questo portò con sé. Pur nella considerazione dell’estrema capacità analitica di Leonardo, costui appartiene ancora al “mondo del pressappoco”, mentre Galileo è a pieno titolo all’interno dell’“universo della precisione”, per dirla con le parole di Koyré. Prima di Galileo non si può ancora parlare compiutamente di scienza ma di “pre-scienza”, o “proto-scienza”. Leonardo usava il confronto tra grandezze, Galileo la misura. Il primo si servì già della prospettiva, mentre il secondo, pur non rappresentando oggetti tecnici, era immerso nel periodo nel quale si inizia a utilizzare l’assonometria, che permette la rappresentazione in scala. In sintesi, vi è tra i due la distanza tra l’uomo medioevale e quello moderno.

Il metodo scientifico si basa su due momenti: il momento teorico e il momento pratico; si oscilla sempre tra la teoria e la pratica, tra le “sensate esperienze” e le “necessarie dimostrazioni”, per dirla con le parole di Galileo. La pratica è “sensata” perché condotta dai sensi oltre che “con senso”; l’esperimento è la conduzione di una prova pratica con parametri fissati, e a questo esperimento già sottostà una teoria, per quanto solamente abbozzata; le “necessarie dimostrazioni” implicano l’interpretazione dei dati sperimentali e il loro inserimento in leggi sintetiche.
Nella categoria di pensiero che Thomas S. Kuhn mette sotto il nome di “rivoluzione” (La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino : Einaudi, 1999) cadono sia la cosiddetta “rivoluzione copernicana” sia quella galileiana. Kuhn afferma che una teoria scientifica ha validità fino ad un certo punto, quando viene messa in difficoltà da una sempre crescente mole di dati sperimentali che essa non può comprendere e giustificare; la teoria è ritenuta valida dalla comunità degli scienziati sin quando non collassa, e una nuova la sostituisce. Il processo non è indolore: Kuhn cita esempi di dati rilevati durante esperimenti, che non collimando con la teoria esistente, confutano la teoria, e sono perciò sono corretti ad arte per evitare destabilizzazioni.
Classico esempio è quello della teoria geocentrica: si tenne il più possibile in vigore la concezione che il nostro pianeta fosse al centro dell’universo, fin quando diventò troppo complicato supporre che dietro ai moti apparenti dei corpi celesti. La teoria copernicana spiegava in maniera più semplice e allo stesso tempo precisa tutti questi moti, e fu adottata nel momento in cui l’ipotesi tolemaica divenne troppo difficile da sostenere, sia per la capacità di spiegazione dei fenomeni osservabili, sia per la capacità di prevedere i comportamenti di pianeti, stelle e comete. Contemporaneamente o quasi, cessò anche la concezione secondo la quale le orbite dovessero essere sferiche, o quantomeno circolari: l’ipotesi di orbite ellittiche semplificava di molto i calcoli, oltre a preludere a quella che sarebbe stata l’ulteriore rivoluzione newtoniana.

In sintesi, il valore di Galileo sta nell’alternanza tra momento pratico e momento teorico; in parallelo, si ha la doppia percorrenza della distanza che separa le teorie dalle loro realizzazioni singole. Di più, Galileo è stato al centro di un grande dibattito a causa delle sue teorie cosmologiche, cosa che invece non potette accadere a Leonardo; a motivo di ciò si hanno i differenti approcci che i due hanno avuto nel mettere nero su bianco le loro scoperte e invenzioni: Galileo utilizzò la stampa rendendo pubbliche le sue ricerche, Leonardo produsse solamente codici.

14 – Leonardo: l’ultimo dei non-moderni

Leonardo visse e operò dalla seconda metà del xv al primo quarto del xvi secolo (1452-1519). Parlare di Leonardo fa subito balzare alla mente le sue opere più famose, come la “Monna Lisa”, “L’ultima cena” o alcuni progetti come la vite aerea. La maggior parte delle sue ideazioni, eccetto le opere d’arte, non furono realizzate; se realizzate, rimasero allo stadio prototipale; Leonardo mostrò sempre una scarsa propensione alla realizzazione pratica, forse anche per via della mole teorica da lui concepita. Tuttavia si devono a lui importanti realizzazioni nel campo delle fortificazioni nella sua esperienza francese come ingegnere; così come in Italia, e segnatamente a Milano, il suo apporto fu fondamentale nel progetto della rete dei Navigli a Milano. La parte rilevante della sua attività di progettista riguardò il sistema delle chiuse, che permette il superamento dei dislivelli tra i diversi bracci della rete dei canali. Le singole porzioni della rete, infatti, hanno una pendenza minima, onde consentire la loro navigazione nei due sensi. Si trovano così spesso, per via della conformazione orografica del territorio, a produrre dei “salti”, che devono essere colmati in qualche modo.
Anche gli acquedotti romani avevano la caratteristica di avere un percorso “quasi” orizzontale; tuttavia, in questo caso la pendenza minima era concepita per consentire l’assorbimento delle variazioni del territorio pur consentendo lo scorrimento dell’acqua verso valle, evitando stagnazioni ed eccessive accelerazioni.

Un esempio moderno di risoluzione alternativa del problema relativo a dislivelli tra due canali è quello della ruota di Falkirk. Questa enorme ruota metallica è utilizzata in Scozia, e collega due canali artificiali: il Forth and Clyde e il Canal Union, separati tra loro da un divario di oltre 20 metri; la ruota dentata porta alle estremità due vasche da 360 tonnellate di capacità, capaci di ospitare imbarcazioni fluviali; tramite la rotazione della ruota, possibile grazie al principio di Archimede (che stabilisce l’eguaglianza dei pesi delle vasche, sia piene di sola acqua sia con l’imbarcazione caricata) e a un piccolo motore (25 kw circa) necessario per porre in rotazione la ruota, si può superare la differenza di quota, che il precedente sistema di chiuse rendeva un’impresa dispendiosa sia in termini di manutenzione, sia di tempo.

Sin dal 1488 Leonardo prese l’abitudine di lasciare traccia scritta della propria attività, oggi visibile nel corpus dei suoi “codici”, ovvero dei suoi manoscritti. Volente o nolente, Leonardo non si servì mai della stampa a caratteri mobili, introdotta a pochissimi anni dalla sua nascita. Stampa a caratteri mobili che fu invece utilizzata dagli autori di teatri di macchine. Questi erano opere stampate in tiratura limitata, destinate ad una cerchia ristretta di persone facoltose (venivano spesso donate), composte da testi e illustrazioni delle macchine più spettacolari o evolute di quel momento. L’attenzione dei teatri di macchine era particolarmente rivolta alla tecnologia bellica, così come ad espedienti meccanici “scenografici”.
I codici di Leonardo in quanto tali erano manoscritti non finalizzati alla divulgazione di alcun tipo, sebbene qualche critico propenda a considerare che l’intenzione di Leonardo nella sua consuetudine alla memoria scritta fosse dettata dalla sua volontà di successiva pubblicazione.
Tra i codici di maggiore importanza attribuiti a Leonardo (con gli argomenti maggiormente trattati) si hanno:
Codice Atlantico (anatomia, astronomia, botanica, chimica, geografia, matematica, meccanica, disegni di macchine, studi sul volo degli uccelli e progetti d’architettura, è il più corposo, ed è conservato in Biblioteca Ambrosiana a Milano);
Codice Trivulziano (principalmente architettura, è conservato presso il Castello Sforzesco a Milano);
Codice sul volo degli uccelli (conservato a Torino in Biblioteca Reale);
Codice Ashburnham;
Codici dell’Istituto di Francia;
Codici Forster;
Codice Leicester (acquistato da Bill Gates, riguarda soprattutto studi di idraulica);
Codici di Madrid.

Un legame tra i codici di Leonardo e i teatri di macchine è la volontà di descrivere, sia testualmente sia iconograficamente, un’opera tecnologica. I teatri di macchine, la cui fioritura si colloca nel xvii secolo, erano finalizzati soprattutto alla spettacolarizzazione della tecnologia; dovevano impressionare, e avevano quindi una forte valenza estetica; la loro fortuna terminò già prima della metà del xviii secolo, e furono idealmente superati alla fine dello stesso secolo da un nuovo modo di mostrare gli oggetti: l’esposizione.
Le raffigurazioni iconografiche di Leonardo non possono essere considerati a pieno titolo, pur a fronte della sua stupefacente abilità, dei disegni tecnici, in quanto non presentano elementi come la scala e le quotature, imprescindibili in una rappresentazione che preluda a una produzione.
Vi è in Leonardo un’estrema attitudine analitica: egli separa i singoli componenti delle macchine, così come fa nello studio dei cadaveri, al fine di analizzare i componenti, i loro funzionamenti reciproci, la coesistenza dei sistemi e le loro correlazioni. La progettualità del genio vinciano è evidente, ma come nel caso dell’idea della vite aerea, a fronte di una grande precisione nella rappresentazione e di una volontà di definire materiali necessari, loro trattamento e forza da applicarsi, è alle volte fallimentare a priori; Leonardo non se ne poteva nemmeno rendere conto per la sua scarsa propensione alla sperimentazione pratica.

Galline, Avatar e resistenze, o della stereoscopia e del 3D / 1

Posto che non hanno tasche dove riporre del denaro, e tanto meno capacità prensili per portare con sé un portafoglio con il contante per pagare il biglietto del cinema, per le galline non varrebbe la pena vedere Avatar, l’osannato film di animazione le cui caratteristiche 3D sembrano porlo come pietra di paragone futura per le realizzazioni di questo tipo.
La stereoscopia si basa infatti sulla vista binoculare, che contempla una disposizione frontale degli occhi, ai quali in ogni momento arriva (quasi) la medesima immagine.
La vista binoculare è utile soprattutto per la percezione della profondità, grazie al triangolo i cui lati sono costituiti dalle due linee che uniscono gli occhi con l’oggetto osservato e dalla linea di congiunzione tra i due occhi.

Seguendo un simile principio, i Romani usavano la triangolazione per misurare distanze non note: per calcolare, ad esempio, la larghezza di un fiume, utilizzavano uno strumento detto groma, che permetteva la costruzione di triangoli rettangoli simili (ossia con angoli a uno a uno uguali). Note le lunghezze dei lati di uno dei due triangoli (quello sulla terraferma), si potevano conoscere quelle ignote del triangolo i cui lati non erano completamente percorribile. Per inciso, con la groma si possono solamente misurare gli angoli retti, o tracciare linee rette traguardandovi attraverso.
La conoscenza di tale dispositivo è fondamentale, insieme con l’aratro, per comprendere le modalità dell’antropizzazione del paesaggio compiuta dai Romani.

Tornando alla visione, il cervello degli animali (uomo compreso) con vista binoculare compie costantemente triangolazioni, che consentono la percezione delle distanze e dunque della profondità dello spazio circostante.
Le galline sopperiscono alla loro mancanza anatomica ruotando velocemente la testa per “confrontare” la visione di un occhio con quella dell’altro, ugualmente per stimare le distanze e le profondità.
La visione binoculare è stata utile ai predatori, che grazie a essa possono condurre inseguimenti stimando con ottima precisione la distanza che li separa dalla preda e le variazioni di quella. I rapaci, dal canto loro, compensano l’impossibilità della vista binoculare con diverse caratteristiche e dimensioni del sistema oculare.
Questa caratteristica della visione di alcune specie animali fu scoperta da Euclide, alla fine del iii secolo a.C., ma come in altre occasioni le scoperte scientifiche dei Greci non sfociarono in ulteriori analisi, sistematizzazioni né ricadute tecnologiche.
Non si danno particolari avanzamenti nella consocenza e nell’interpretazione del fenomeno della stereoscopia per lungo tempo; Leonardo da Vinci studiò la materia, ottenendo secondo alcuni (si veda un esempio in http://stereoscopicgioconda.blogspot.com/) una tecnica di tipo stereografico. Altri, invece (James H. Beck, Leonardo’s rules of painting, Oxford : Phaidon Press, 1979) ritengono che Leonardo abbia concluso per l’impossibilità da parte della pittura di rappresentare in modo realistico le profondità.
Nel xvi secolo Giovan Battista della Porta (1535-1615) è accreditato delle prime realizzazioni di disegni stereografici; il lemma “stéréoscopique” si deve al padre gesuita François d’Aiguillon, che nella sua opera Opticorum libri sex philosophis juxta ac mathematicis utiles , che oltre alla stereografia trattava anche delle proiezioni ortografiche, basandosi sugli studi, tra gli altri, di Christiaan Huygens.

Sarà il xix secolo a mettere maggiormente in pratica le conoscenze legate alla stereoscopia, preludendo all’utilizzo di questa a supporto della tecnica cinematografica.

(continua)