Rieccola, l’estetica streamline. Dopo le prime apparizioni a inizio secolo, l’uso ben visibile nel corso degli anni ’30 e la scorpacciata degli anni ’50 del xx secolo, quando la sua moda non contagiò il solo mondo delle automobili, arrivando persino a connotare in modo inequivocabile anche elettrodomestici “insospettabili” come aspirapolvere e ferri da stiro, questa cifra stilistica riemerge di tanto in tanto come un fiume carsico, e la sua visibilità è tanto maggiore quanto meno necessaria è l’aerodinamicità dell’oggetto che ne viene condizionato. Se infatti le “pinne da squalo” delle cabriolet e berline americane avevano una pur lontana giustificazione pratica, permettendo a quelle automobili una migliore penetrazione nell’aria, se le forme affusolate dei grattacieli (si pensi al Chrysler Building) trovavano un’antenata illustre come la Torre Eiffel, che dall’aerodinamica dipende per la propria esistenza, così non era per innocui oggetti casalinghi, come i ferri da stiro, che tuttavia subirono redesign in virtù dell’estetica delle linee filanti. Il ferro da stiro Zenit (anni ’50) ne è un esempio. L’idea era che una forma aerodinamica, non solo della parte che compiva lo scivolamento, ma pure del corpo e del manico, promettesse una maggiore facilità d’uso, un aumento della velocità di lavoro. Parla bene di queste concezioni Fabrizio Carli, nel suo Elettrodomestici spaziali, edito da Castelvecchi (2000). Analizzando gli elettrodomestici nel xx secolo Carli porta avanti una tesi che può essere ridotta a questi termini: a quale estetica si possono rifare degli oggetti nuovi per essere “vestiti”? Ovvio, a quella più di moda in quel periodo. Con la fantascienza in piena crescita, la scelta era quasi obbligata. E quindi dischi (spaziali), forme allungate, filanti, aerodinamiche, veloci, in una sorta di futurismo cristallizzato negli oggetti di uso quotidiano.
A volte ritornano, si diceva. Entra a pieno titolo nella categoria degli elettrodomestici spaziali il FRITZ!Box Fon WLAN 7390. Come aumentare la velocità di connessione a Internet? Come migliorare la qualità delle chiamate VoIP? Con un buon hardware, certo, ma soprattutto con un moder/router/firewall/chipiùnehapiunemetta che solchi le autostrade telematiche con la minore resistenza aerodinamica possibile. Il design, con tutta probabilità in modo voluto, riprende proprio le linee delle berline americane degli anni ’50, con qualche contaminazione dalla fantascienza degli anni ’80. In fondo, non nascondiamoci dietro un dito, si è sempre parlato di “autostrade telematiche”.
L’articolo The spinning ball spiral, come si accennava, risponde anche agli appassionati di altri sport, presentando una sintetica risposta alla domanda del generico sportivo: “Vedrò mai l’effetto Magnus nel mio sport?”. Ciò, tuttavia, non prima di aver dato qualche riferimento in merito ai precedenti studi compiuti in materia.
Tra i precursori di Magnus vi sono nomi eccelsi: sarebbe stato lo stesso sir Isaac Newton a descrivere per primo questo effetto nel 1672, osservando, manco a dirlo, alcuni giocatori di tennis. Una settantina di anni dopo l’ingegnere del genio inglese Benjamin Robins avrebbe ricondotto le deviazioni di alcune traiettorie di proiettili all’effetto Magnus. A 180 anni dall’intuizione di Newton, nel 1852, sarebbe stato un chimico tedesco, Heinrich Gustav Magnus (1802-1870), a fornire dati sperimentali sul fenomeno tali da farlo associare al proprio nome. Clanet e colleghi non dimenticano di citare un altro nume tutelare degli studi di fluidodinamica e aeronautica: Gustave Eiffel. Non si ricorda di certo Gustave Eiffel per i propri studi in questo campo, eppure questa disciplina fu – ed è – fondamentale per la progettazione (iniziata nel 1863) di una enorme macchina qual è la torre che da lui prende il nome, sottoposta all’azione di forti venti, tanto più sferzanti quanto più ci si sposta verso la sommità della costruzione.
Ma veniamo al punto: verso il termine dell’articolo si riporta una tabella che dà un’idea dei numeri in gioco non solo nel caso del calcio, ma anche nel caso di alcuni altri sport. La seconda colonna della tabella mostra la velocità iniziale, ossia quella al momento del colpo, espressa in metri al secondo (10 metri al secondo equivalgono a 36 km/h); la terza riporta la lunghezza in metri del campo di gioco o, come nel caso del baseball, la distanza tra lanciatore e battitore; la quarta colonna è una misura legata alla densità della palla, ed esprime grosso modo che distanza occorre per vedere il pieno attuarsi dell’effetto Magnus, con il verificarsi di effetti imprevedibili; infine, la quinta colonna esprime, sulla base di ulteriori condizioni specifiche per ciascuno sport, a che distanza si può vedere una prima curvatura rispetto alla traiettoria rettilinea che la palla o il pallone dovrebbe seguire.
La tabella mostra dei casi estremi: quello del tennis tavolo, nel quale la particolare conformazione della pallina permette di tracciare curve che si manifestano a un solo metro di distanza dal punto di impatto, e quelli della pallacanestro e della pallamano, per i quali l’effetto Magnus, vuoi per la modesta velocità in gioco (in particolare per la pallacanestro), vuoi per il peso e la densità del pallone, non si verifica per alcuna distanza. Per gli altri sport la curvatura della traiettoria inizia a manifestarsi a una distanza di 5-7 metri dal punto dell’impatto: i conti tornano rispetto al tiro di Roberto Carlos. Similmente, nel caso della pallavolo è esperienza comune vedere battute al salto che si abbassano rispetto alla traiettoria prevedibile già in prossimità della rete. L’effetto Magnus deriva dalla rotazione (con buona pace di Caressa) impressa dalla mano dell’atleta, che “lavora” la palla dal basso verso l’alto e poi avanti, imprimendo uno spin tale per cui, chi guarda un battitore dalla sua destra vedrà la palla ruotare in senso orario. Rispetto alla tabella compilata dagli autori dell’articolo, si può aggiungere che la velocità iniziale della palla può essere superiore ai 20 metri al secondo ipotizzati nella seconda colonna, ed essendo l’effetto Magnus beneficamente influenzato dalla velocità iniziale, si ha che esso si può verificare con maggiore facilità.
Quando manca l’effetto Magnus, o addirittura la rotazione è contraria a quella normalmente impressa, la traiettoria…
In qualche caso l’effetto Magnus non ha modo di verificarsi, vista la distanza percorsa dal pallone abbondantemente al di sotto dei 5 metri (si può forse parlare di effetto Marshall?):
Per chi vuole saperne di più, nell’articolo Christophe Clanet dice che tutte le comunicazioni (si suppone anche richieste di informazioni e chiarimenti) dovrebbero essere indirizzate a lui: clanet@ladhyx.polytechnique.fr… altrimenti ci sono i commenti.
Protagonisti dell’architettura urbanistica fra xvi e xviii secolo 1. Ascanio Vittozzi (1584-1615): espansione della città che progetta le vie dando loro larghezza e dotando gli edifici di portici destinati come spazi per camminare (al contrario dei porticati bolognesi che nascono molto dopo per creare stanze da affittare agli studenti universitari). Nel frattempo il baricentro del castello si sposta verso l’asse del centro città. L’attuale zona di Piazza Vittorio Veneto si chiamava “borgo moschino” dove si ha palude e zanzare; dobbiamo aspettare la restaurazione per la progettazione dell’attuale piazza Vittorio Veneto. 2. 1560-1641 Carlo di Castellamonte sussegue a Vittozzi, e gli attribuiamo la progettazione della piazza di San Carlo (1640): a forma rettangolare chiusa (era delimitata da due isolati della vecchia città quadrata e da due conventi) e con una forte simmetria (reso possibile grazie alla morfologia piatta del territorio), viene progettata per le parate militari pubbliche. 3. inizio del xviii secolo: Filippo Juvarra si occupò della progettazione dei quartieri militari, della Porta Susina e della zona Porta Nord (attuale Porta Palazzo che subirà altri interventi nel 1736). Altre espansioni della città conseguite da Juvarra sono la costruzione della basilica di Superga e il suo collegamento con il Castello di Rivoli, l’attuale corso Francia. Il 1682 è l’anno di pubblicazione del Theatrum Sabaudiae (stampato in Olanda), opera che negli intenti vuole testimoniare la grandezza del regno Savoia. In questo contesto il termine theatrum ha il significato più generale di rappresentazione di una teoria organica: infatti il libro è corredato di immagini in prospettiva o a volo d’uccello, così come i teatri di macchine contenevano tavole delle realizzazioni meccaniche più evolute ed utilizzate in quel tempo. Il libro era destinato a convincere e rendere nota la potenza raggiunta dal casato Savoia.
Periodo Napoleonico e Restaurazione L’occupazione francese (1800-1814) comportò l’abbattimento delle fortificazioni e delle mura, sostituite da viali alberati. Anche tutte le successive progettazioni urbanistiche includeranno la creazione di spazi verdi per passeggiate. Con la Restaurazione (1815) si ebbe la realizzazione della piazza Gran Madre di Dio da parte di Ferdinando Bonsignore, la progettazione della piazza Vittorio Emanuele e il ponte di Bernando Mosca, realizzato su un supporto a forma di curva, a sostituzione del precedente ponte in legno. Al 1863 risale la progettazione della Mole Antonelliana (citata da Gustave Eiffel nel suo La tour des trois cents mètres, opera nella quale descriveva il suo progetto mastodontico e riferiva delle due più alte costruzioni del tempo, l’obelisco di Washington e proprio la Mole) basandosi sull’architettura metallica e sulla tecnica dei laterizi ovvero dell’imitazione delle nervature reticolari per creare una struttura in grado di resistere a enormi sollecitazioni. La punta dell’edificio fu ristrutturata varie volte in seguito a uragani che la distrussero, fino a quando nel 1961 viene messa una stella. Oggi la Mole Antonelliana è la sede del Museo del Cinema. Nel 1884 fu aperta la via Pietro Micca sotto l’egida della legge di Napoli, provvedimento che era stato intrapreso per migliorare le condizioni igieniche e di salubrità generale della città partenopea martoriata dalle epidemie di colera. La via taglia in diagonale il reticolo preesistente a vie ortogonali. La città continuò a svilupparsi con le infrastrutture quali corsi di ampio respiro, per poi essere fortemente influenzata dalla presenza delle ferrovie. La prima linea fu la Torino-Trofarello (1842) collocata oltre il Po. La ferrovia serviva essenzialmente per trasportare materiali pesanti quali acciaio e carbone, e successivamente fu collegata alle ferrovie francesi attraverso il traforo del Frèjus, completato nel 1871 anche grazie all’opera della perforatrice pneumatica ideata da Germano Sommeiller. Si determinarono in questo modo gli assi preferenziali dell’espansione alla forma moderna della città (Torino sarà per due anni la capitale d’Italia per poi spostarsi a Firenze).