Dvorak, o della dattilografia/2

(continua il post del 6/1/2010)

Il sistema che secondo molti studiosi della storia della tecnologia fu più vicino a scalzare il QWERTY dal proprio predominio prese il nome da uno dei due studiosi che lo congegnarono, August Dvorak (l’altro fu William Dealey).
Si cita spesso lo Dvorak come il sistema più efficiente, quello che necessita di minori spostamenti delle dita per la composizione delle lettere, e soprattutto quello più veloce. In effetti, buona parte dei record di velocità nella battitura sono stati realizzati proprio con questa tastiera (attualmente il record mondiale appartiene a una signora russa che è riuscita a digitare attorno alle 900 battute in un minuto).
Tuttavia, esistono alcuni ragionevoli dubbi in merito alla reale affidabilità di alcuni test che porrebbero il sistema Dvorak davanti agli altri, soprattutto al QWERTY.
Dvorak e Dealey brevettarono la propria tastiera nel 1936, lo stesso anno nel quale apparve un libro, Typewriting Behavior, del quale Dvorak era coautore, nel quale si snocciolavano i risultati dei test che dimostravano scientificamente, almeno secondo le intenzioni, la superiorità del metodo.
Alcune stranezze sono però presenti. I test effettuati avevano preso quattro campioni di riferimento, uno per la tastiera Dvorak e tre per la QWERTY. Sennonché, il campione che utilizzava la Dvorak era composto da ragazzi che frequentavano l’università, mentre gli altri tre comprendevano studenti della scuola superiore. Esiste poi un celebre studio effettuato con dattilografi della Marina americana, che dimostrerebbero ancora una volta la solita tesi; tuttavia, occorre sapere che lo psicologo ed educatore August Dvorak era anche il capitano di corvetta August Dvorak, proprio colui che condusse i test. Dvorak, per sopramisura, ricevette anche 130 mila dollari per lo sviluppo del suo progetto dalla Carnegie Commission for Education.
Vi sono poi omissioni, refusi, incongruenze nei rapporti dei test, che fanno pensare a qualche “aggiustamento” a favore della realizzazione di Dvorak.
Infine, esiste uno studio del 1956, condotto da Earle Strong, al tempo ricercatore della Penn State’s Smeal College of Business, per conto della General Service Administration del governo americano. Lo studio si componeva di due parti: nella prima si prendeva un campione di dattilografi e lo si addestrava all’uso della tastiera Dvorak, sino a che non avessero raggiunto con questo metodo la loro velocità massima ottenuta con la tastiera QWERTY. A questo punto si divideva il campione in due metà, che continuavano l’addestramento ciascuna in una delle due tastiere.
Lo studio mostrò che il miglioramento delle prestazioni era maggiore per gli utilizzatori della tastiera QWERTY. Pur non simmetrico, soggetto a ragionevoli critiche e con qualche contraddizione metodologica, lo studio fu sufficiente per far cadere in disgrazia la possibile sostituta della tastiera QWERTY.

Ovvio che, a margine di questi eventi, la sostituzione di uno standard è cosa di per sé difficile, per le diseconomie dovute al disapprendimento del vecchio metodo, l’apprendimento del nuovo e la sostituzione di tutto il parco macchine. Si tenga presente che l’obsolescenza delle macchine per scrivere, pur sottoposte ad uso intensivo, non è lontanamente paragonabile a quella degli attuali personal computer, per cui uno sforzo di questo genere sarebbe stato visto dalle amministrazioni con un occhio estremamente severo.
I sistemi tecnologici, però, in presenza delle giuste condizioni, banalmente mutano, e chissà che tra qualche anno non ci si possa trovare di fronte a tastiere come la Maltron. Prende il nome dal suo inventore, Lilian Malt, che la concepì negli anni ’70 soprattutto al fine di evitare affaticamenti da stress come la sindrome del tunnel carpale. Quella nell’immagine qui sotto è la versione per la mano destra.

Etaoin shrdlu, o del riempitivo (ancora)

“Etaoin” e “shrdlu” sono le parole formate dalle lettere delle prime due colonne di sinistra della tastiera delle linotype. Per anni sono state l’inequivocabile segnale di un refuso, per i motivi che si diranno tra poco. Prima però occorre accennare brevemente alle caratteristiche della linotype.
Nel 1881 un emigrato tedesco negli Stati Uniti, Ottmar Mergenthaler, inventava il primo dispositivo meccanico per la composizione tipografica, la linotype. Il sistema prevede un magazzino di alimentazione dal quale scendono i caratteri mobili corrispondenti alle lettere digitate alla tastiera. Le lettere finiscono a comporre una riga di testo, che successivamente è consolidata mediante fusione.
La complessità di queste azioni fece sì che da sempre, nel caso di errore, i linotipisti (ossia coloro esperti nella battitura dei testi alla linotype) preferissero la composizione completa di una riga alla sua correzione, molto più laboriosa.
E la maniera più rapida per completare la riga era di far scorrere il dito lungo le colonne di sinistra della tastiera, producendo proprio le due celebri parole “etaoin” e “shrdlu”.
Questo, come detto, divenne utile segnale per indicare la presenza di un refuso nella compozione, ma si verificava pure che i correttori di bozze non lo vedessero: la stringa risultaa così nella composizione finale, e non raramente era pure pubblicata.
La locuzione “etaoin shrdlu” era così celebre negli Stati Uniti da essere inclusa pure nel dizionario Webster, l’equivalente dello “Zingarelli” italiano, e nell’Oxford English Dictionary.

In epoca di Internet si sarebbe originata un’altra sorta di locuzione, dovuta a una non corretta interpretazione del codice html presente in alcune pagine: “&nbsp”, o “non-breakable space”. Si tratta di una “entità html”, ossia di una frazione di codice che serve a fare interpretare nel modo voluto dei caratteri o delle stringhe di caratteri. In questo caso, l’html non recepisce la presenza di spazi bianchi multipli, collassando a uno spazio un numero qualsivoglia di spazi digitati.
Ad esempio, sostituendo per maggiore chiarezza lo spazio con un trattino basso (underscore), la stringa

prova___di___scrittura

con tre spazi bianchi tra le parole, sarebbe interpretata e visualizzata dal codice html come:

prova_di_scrittura

Per far sì che siano visualizzati tutti gli spazi si adopera proprio “&nbsp”, per cui la stringa (“NBSP” è riportato in maiuscolo per maggiore evidenza)

prova   di   scrittura

avrebbe la visualizzazione richiesta (sempre gli underscore al posto degli spazi a pro della leggibilità):

prova_di_scrittura

Non solo: “&nbsp” fa sì che non si verifichi l’interruzione di riga proprio in quel punto, come normalmente potrebbe avvenire in presenza dello spazio bianco ordinario. Questa caratteristica torna utile quando si hanno locuzioni che si preferisce mantenere non spezzate, come ad esempio “1000 km”, o qualsiasi altra. Scrivendo “1000 km” nel codice (sempre con le lettere minuscole), l’interpretazione del browser sarà l’immissione di uno spazio tra “1000” e “km”, senza separare le due parole anche nel caso in cui “km” dovesse andare a capo.

Nella prima ondata di Internet (primi anni ’90) alcune visualizzazioni non avvenivano in modo corretto per l’assenza del punto e virgola al termine della stringa, condizione necessaria per il funzionamento del codice. Si vedevano così stringhe proprio come quella sopra, con “&nbsp” presente in gran quantità, a detrimento della lettura del testo. Da qui nasce la fama di “&nbsp”, che in qualche modo denotava i siti costruiti in modo un po’ più raffazzonato. Spesso la storia degli errori dice molto di più della storia delle correzioni.

P.S.: “&nbsp” può essere prodotto in ambienti word processor con la combinazione di tasti ALT+160 o con CRTL+SHIFT+SPAZIO. Peraltro, sino a prova contraria, non è possibile inserire tale carattere in Powerpoint.