Recensione di Didone, per esempio di Mariangela Galatea Vaglio, Roma : Ultra, 2014
Va bene che l’Antichità classica sia considerata noiosa, e che debba essere rivista in chiave più sbarazzina. Va bene che le storie di un tempo siano belle quanto (anzi, sono madri) di quelle di oggi, e possano essere rese con una vivacità che ci è più consona. Va bene, ancora, prendersi una piccola rivincita morale sui prof del liceo che tanto ci hanno fatto odiare quelle opere.
Ma se da un lato Mariangela Vaglio riesce bene a togliere molta della polvere accumulata su quelle lontane figure, eccede, e di molto, nell’uso di un registro linguistico “giovane”. Sta bene un po’ di brio, ma i “c****” e i “vaf*******” sparsi con abbondanza nelle pagine di Didone, per esempio non vanno proprio. Non per un vago perbenismo, ma semplicemente perché sono stucchevoli, rubano inutilmente la scena ai personaggi che si sta cercando di recuperare, e alla fine riducono di molto il risultato finale.
Poi, non avessimo esempi a conferma del contrario: Luciano De Crescenzo ha già mostrato come simili operazioni possano essere compiute con rigore, allegria e leggerezza senza attingere al turpiloquio. Come dicono i Francesi, “le cul, ça marche toujours”, ossia una parolaccia, una chiappa o un rutto funzionano sempre per far divertire, ma forse in questo caso non era necessario.