Come si diceva un tempo, “le agenzie battono” in questi giorni la notizia relativa alla realizzazione di una nuova tipologia di memoria di massa. Le dimensioni del modulo base di questa memoria (in realtà si tratta di un micro-magnete, definito come single molecule magnet o SMM) fanno impallidire le pur ridottissime dimensioni dei dipoli che la perpendicular magnetic recording (PMR), la tecnologia degli attuali hard disk, utilizza.
All’Università di Nottingham è stata realizzata una molecola che include due atomi di uranio impoverito e una molecola ponte di toluene. Tale molecola, mantenuta al di sotto di una temperatura definita “di blocco” non lontana dallo zero assoluto, sarebbe in grado di mantenere uno stato magnetico assegnato, essendo l’uranio dotato di proprietà paramagnetiche proprio in quel piccolo intervallo.
Rispetto ai tubi a vuoto, primi elementi elettronici utilizzati nella realizzazione dei calcolatori, poiché primi elementi in grado di modificare il proprio comportamento elettrico in funzione della corrente che li attraversa, si tratterebbe di una riduzione di dimensioni lineari di circa un miliardo di volte.
Anche considerando i più piccoli transistor attualmente in commercio, le loro dimensioni (una cinquantina di nanometri) sono circa 500 volte maggiori rispetto agli SMM.
Oltre ai giustificati dubbi sulla potenziale pericolosità dell’uso di un materiale radioattivo, tutti i pezzi pubblicati si affrettano a ricordare le difficoltà tecniche insite nella realizzazione tecnica di dispositivi di archiviazione di dati dotati di apparati di lettura così piccoli. Dubbi leciti, se si pensa che la lettura può in questi ambiti essere influente sul dato medesimo, eventualmente modificandolo. Ma a metà anni ’60 nessuno avrebbe mai pensato ai circuiti integrati e alle dimensioni che avrebbe raggiunto un transistor anche solamente ai tempi della prima VLSI (Very Large Scale of Integration); e per lo stesso transistor, una quindicina di anni prima, nessuno avrebbe dato un dollaro. Fortunatamente, qualcuno diede qualche yen.
All’Università di Nottingham è stata realizzata una molecola che include due atomi di uranio impoverito e una molecola ponte di toluene. Tale molecola, mantenuta al di sotto di una temperatura definita “di blocco” non lontana dallo zero assoluto, sarebbe in grado di mantenere uno stato magnetico assegnato, essendo l’uranio dotato di proprietà paramagnetiche proprio in quel piccolo intervallo.
Rispetto ai tubi a vuoto, primi elementi elettronici utilizzati nella realizzazione dei calcolatori, poiché primi elementi in grado di modificare il proprio comportamento elettrico in funzione della corrente che li attraversa, si tratterebbe di una riduzione di dimensioni lineari di circa un miliardo di volte.
Anche considerando i più piccoli transistor attualmente in commercio, le loro dimensioni (una cinquantina di nanometri) sono circa 500 volte maggiori rispetto agli SMM.
Oltre ai giustificati dubbi sulla potenziale pericolosità dell’uso di un materiale radioattivo, tutti i pezzi pubblicati si affrettano a ricordare le difficoltà tecniche insite nella realizzazione tecnica di dispositivi di archiviazione di dati dotati di apparati di lettura così piccoli. Dubbi leciti, se si pensa che la lettura può in questi ambiti essere influente sul dato medesimo, eventualmente modificandolo. Ma a metà anni ’60 nessuno avrebbe mai pensato ai circuiti integrati e alle dimensioni che avrebbe raggiunto un transistor anche solamente ai tempi della prima VLSI (Very Large Scale of Integration); e per lo stesso transistor, una quindicina di anni prima, nessuno avrebbe dato un dollaro. Fortunatamente, qualcuno diede qualche yen.