caffè, caricabatterie e bancomat

coffeeQuesta è una serie di considerazioni in risposta al post su LinkedIn apparso a firma di Antonio Abate Chechile.

1) Diversi anni fa avevo raccolto una lista non proprio insignificante di possibili varianti di cui fare richiesta a un barista. Eccola: caffè normale, normale con acqua calda/fredda, normale con un cubetto di ghiaccio, normale macchiato caldo, normale macchiato caldo con un po’ di latte freddo, normale macchiato freddo, normale schiumato, al volo, alla caffeina, americano, americano macchiato, basso, bollente, bollente macchiato, brasiliana, canario, con cacao, con nuvoletta, corretto schiuma, corto, doppio, doppio macchiato caldo/freddo, doppio ristrettissimo – con latte freddo a parte, doppio ristretto – con latte freddo a parte, doppio ristretto/lungo, espresso con panna, espresso doppio, espresso granita, espresso molto lungo, espresso romano, espresso solo, francese, goccia di caffè con crema di latte, goccia di caffè con latte senza schiuma, in tazza bollente, in tazza fredda, in tazza grande con panna, in vetro, jamaica, latte macchiato, leggero, lungo, lungo in tazza grande – macchiato caldo/freddo, lungo macchiato caldo/freddo, lungo molto macchiato, macchiato caldissimo, macchiato con cacao, macchiato lungo con acqua calda a parte, marocchino, ristretto, ristrettissimo, ristrettissimo con poco latte, ristrettissimo con tanto latte, ristretto, ristretto in tazza bollente/fredda, ristretto in tazza grande, ristretto in tazza grande macchiato caldo/freddo, ristretto in vetro, ristretto in vetro macchiato caldo, ristretto macchiato caldo senza schiuma, ristretto macchiato caldo/freddo, ristretto macchiato schiumato, romano, solo, spremuta di arabica, spremuta di brasil, spremuta di chicchi, spumato, super, turco. Eccetera.

Non tutti i baristi sono in grado o hanno la possibilità di realizzare tutte queste varianti, ma la loro capacità media surclassa quella di uno Starbucks. Come la biodiversità è bene per un ecosistema, avere in un mercato più soggetti di piccole dimensioni è cosa positiva, in primis perché evita di avere un soggetto con potere contrattuale troppo forte. Tra le altre conseguenze, la riduzione della scelta – o menu à la carte – per il cliente.

2) Pizza e caffè sono esempi – e sono italiani, guarda caso – di artigianalità servita con tempi da fast food, anche se a volte in pizzeria si attende moltissimo per essere serviti (vedi punto 5.). Questa caratteristica è vincente, perché permette di mantenere la biodiversità di cui al punto 1., e in ultima analisi un miglior servizio al cliente (anche su questo vedi punto 5.). Non è un caso se il tracollo quasi fatale subito da Starbucks nel 2009 fu, secondo molti, dovuto quasi certamente alla maggiore automatizzazione dei processi.

Gioca a favore dei soggetti di dimensione industriale la frequente incapacità papillare dei clienti: basti pensare che da Eataly (almeno a Torino) la pizza è stesa non a mano per schiacciamento grazie al cilindro di metallo, ma nessuno pare lamentarsene.

3) Il medesimo barista sarà antipaticissimo e simpaticissimo, secondo che si sia un cliente avventizio o abituale. Comunque non si torna in uno Starbucks per la simpatia di chi ci lavora più di quanto si torni nello stesso bar già visitato. Anche per l’alto tasso di sostituzione del personale (ho volutamente evitato di definirlo turnover) della catena americana.

Poi, nell’esempio cittadino i bar sono attività con componente fidelizzata (minoritaria) e avventizia (preponderante): sarebbe uno spreco di risorse dedicarsi con grande solerzia a clienti che il barista non vedrà mai più. E’ così perfettamente giustificato il diverso grado di simpatia erogato secondo la tipologia di cliente.

4) Sempre che la policy aziendale non sia cambiata, in Ryanair i dipendenti non possono ricaricare i propri cellulari in azienda. E, credo sia notizia nota, pressoché qualsiasi cosa oltre alla possibilità di sedersi nella poltrona – scelta dalla compagnia – è a pagamento. Eppure Ryanair funziona, e anche piuttosto bene.

Il prezzo è un fattore importante. Il caffè italiano è veloce da bere, e non si presta a lunghe conversazioni. Un caffè italiano costa poco, e un barista italiano è nel suo pieno diritto di chiedere una seconda consumazione al cliente che da due ore gli occupa un tavolino, pur magari avendo correttamente applicato una maggiorazione di prezzo per la consumazione al tavolo rispetto a quella al bancone. Il prezzo di un caffè Starbucks incorpora una maggiore propensione alla permanenza nel locale da parte dell’avventore. In questo senso il caffè italiano ha un prezzo più elastico, che va bene anche per chi non si ferma nel locale per più di qualche minuto. Pagare 4 euro in uno Starbucks per un frappo-mocca-cappuccino è idiota se non gli si consuma almeno un po’ il tessuto dei divani. Il lusso sta nell’affittare una porzione del locale per un certo tempo, e il prezzo è calcolato in funzione proprio di questo tempo da una qualche Nielsen del caso. A 4 euro il numero di persone che non prenderebbe il caffè sarebbe più del 75% rispetto a quello attuale.

5) Nell’ecosistema con tanti soggetti di piccole dimensioni agisce in modo più efficace la selezione naturale. Fai un caffè da schifo? Probabilmente avrai pochi clienti affezionati. Reclamizzi la tesserina “10 caffè a 8 euro”? Forse fidelizzerai. Sei particolarmente avvenente (tradotto, la barista è gnocca)? Il bar andrà a gonfie vele, anche se il caffè non è buonissimo. Se invece ci fosse solo Starbucks perché questa è riuscita ad abbassare i costi e a massimizzare i profitti, buon per lei, ma si perderebbe il “ristrettissimo con poco latte” di cui al punto 1. che mi piace tanto.

Similmente, per le pizzerie, se si diffonde la voce (magari certificata da TripAdvisor e compagnia cantante) che una pizzeria è lentissima, questa perderà clientela. E se dovrà chiudere, la colpa sarà sua. Dal punto di vista dell’analisi economica nessuno dovrà avere pietà particolare per questo soggetto, semplicemente perché non è stato in grado per propri demeriti di rimanere sul mercato. Se si lamentano, saranno lacrime di coccodrillo, senza dubbio. Se invece la pizzeria lavorerà come Dio comanda, sfornando un buon prodotto artigianale (vedi punto 1.) in un tempo da fast food, bravi loro.

6) Vogliamo mettere la differenza che passa tra ingollare un beverone a temperatura da fusione del sole, che non scende per via del bicchierone termico in plastica, e gustare un espresso in tazzina di porcellana sottile, adeguatamente riscaldata, in un caffè storico come quelli che si trovano in tutta Italia?

7) A New York un ottimo caffè è quello che si prende ai baracchini per strada. E costa, credo di non sbagliarmi, un dollaro e mezzo. Se vi volete sedere, c’è un sacco di marciapiede.

8) Se si esce di casa, in Italia è buona norma dotarsi di contante. I biglietti dai 50 ai 500 euro sono anch’essi contante, pagabili a vista al portatore, ma se ci si pagano cifre irrisorie fanno incazzare qualunque esercente, con l’eccezione delle cassiere di Ipercoop, Auchan ed Esselunga. Pagare con il contante negli USA squalifica un po’; in Italia chiedere di pagare un caffè con il bancomat, per quanto caro, è da americani o da programmatori Java (si scherza). Confesso che anche io ho provato l’esperienza alienante di cambiare un biglietto grosso per pagare una piccola cifra. Non la auguro a nessuno.

9) In Italia, di giorno, per coloro che hanno la fortuna di poterlo fare, si lavora. E non si va in un bar a farlo, di norma. Perché tutti abbiamo avuto la mamma che ci diceva di non fare i compiti guardando la televisione. Cercarsi appositamente il rumore di sottofondo per lavorare meglio è da perdigiorno, o da programmatori Java (si scherza sempre). Per questo motivo non è necessario pensare di lavorare in un luogo nel quale non si è certi di trovare l’alimentazione elettrica per un tempo tale da consumare tutta la carica della batteria di un notebook. Anche perché sui treni le prese ormai sono abbastanza diffuse, mentre le stazioni offrono (a pagamento) salette dotate di tutti i comfort.

Se proprio non si potesse fare a meno di lavorare fuori casa, ma non si volesse spendere, ci sono le biblioteche, luoghi ameni che da secoli aiutano la concentrazione. Ve ne sono in tutte le città, e per quanto ne so sono tutte gratuite.

10) Anche se mi lasciassero piantare dentro Starbucks una tenda per un paio di giorni, non prenderò mai più di mia sponte un mocca-frappo-cappu-caffeccino, manco a un euro. Non mi piacciono.

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Come da Starbucks, me è gratis e senza caffè

L’etica di Wormate, ovvero dello spirito del capitalismo

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Nel mare magnum degli applicativi “mangiatempo” è apparso da qualche mese un nuovo gioco, wormate.io (1).
Il gioco prende le caratteristiche del vecchio “vermone”, che ricordo di aver programmato in BASIC per il Commodore 64 con un numero di righe non superiore al centinaio, e le colloca in un playground su Web (per l’appunto, wormate.io).
Nel gioco degli anni ’80 si deve manovrare un lombrico con i tasti freccia, quindi con una logica cartesiana su-giù-destra-sinistra, all’interno dello schermo, dove si trovano degli elementi “commestibili”. Ogni volta che l’anellide ingerisce un elemento si allunga, diventando a mano a mano sempre più difficilmente manovrabile, sia perché è in perenne movimento, sia perché il limite di azione è l’ampiezza della stessa schermata – se si toccano i bordi dello schermo il verme muore – e sia perché non deve mai formare anelli chiusi, con pena analoga. Il lombrico prende quindi una forma intestinale, con anse sempre più strette, sino a che, per quanto impacchettato, lo schermo non lo contiene più, e l’invertebrato defunge per auto-collasso.
Wormate riprende e amplia questa logica di base, collocando il lombrico in uno spazio circolare molto più ampio, dell’ordine di grandezza del centinaio di schermate singole. Ma soprattutto lo pone in competizione con circa trecento altri vermi, che pascono di innumerevoli dolciumi sparsi sul terreno di gioco. Fette di torta (parrebbero cheesecake), macarons multicolori, croissant ripieni, cremini semifreddi con stecco, orsetti gommosi, donuts glassati, biscotti con gocce di cioccolato: tutte queste leccornie sono a libera disposizione dei vermi, a cui è sufficiente passare sopra il dolce per ingerirlo. I dolci forniscono normalmente un apporto di 1 o 2 punti ciascuno.
A ciascun lombrico è concessa la possibilità di formare anelli chiusi, e quindi di chiudersi in volute toccando il proprio corpo con la testa. Per contro, quando un verme tocca con la propria testa il corpo di un altro verme, muore all’istante, ritrasformandosi in un fitto accumulo di dolciumi, di valore maggiore rispetto a quelli ordinari.
Schiacciando il tasto sinistro del mouse (gli spostamenti del verme sono controllabili via mouse o keypad) si produce un’accelerazione del verme, che ha come effetto negativo il consumo dei punti incamerati; per contro, l’accelerazione consente di tagliare la strada ad altri vermi, decretandone la morte (con successiva cannibalizzazione).
Al quadro del gioco si aggiungono altri quattro tipi di elementi, sorte di boccettine contenenti “pozioni miracolose”, a disposizione dei vermi, i cui effetti sono, rispettivamente:

  • l’ottenimento di un numero variabile di punti, dell’ordine di grandezza del centinaio;
  • l’aumento di un fattore 2, 5 o 10 (cumulabili tra di loro) dei punti relativi a ciascun dolce; questa pozione è particolarmente utile quando un verme ne cannibalizza un altro, per via della ricchezza dei resti di quest’ultimo, o quando arriva a una pozione come quella appena descritta sopra;
  • l’aumento della velocità del verme, utile per predarne altri avvolgendoli in spire o tagliando loro la strada;
  • l’aumento della motilità del verme, che diventa in grado di formare più velocemente volute più strette.

E’ opportuno precisare che questi effetti sono temporanei, e che più il vantaggio e significativo, e meno dura.

Il gioco, oltre all’interesse che può riscuotere presso gli amanti del genere, presenta una dinamica che per molti aspetti è simile a quella macroeconomica descritta dalle principali teorie in materia, soprattutto se si considera un mercato principalmente composto di agenti competitivi. Volendo elencare i principali punti di contatto tra le due dinamiche, ne si hanno di tipo strutturale e altri di tipo comportamentale.

Tra i primi:

  1. Le modalità di ottenimento di punti derivano da:
    1. l’acquisizione delle risorse libere disponibili: il paragone oggi regge anche per l’energia solare, ma si possono includere in questo novero le materie prime in genere (quindi non solo ciò che è gratuito);
    2. l’acquisizione delle boccettine con numero di punti variabili, quasi equiparabili a una vincita alla lotteria; il paragone può anche reggere per finanziamenti a fondo perduto erogati da organismi statali o sovranazionali;
    3. l’eliminazione degli altri vermi; l’operazione è analoga all’estromissione dal mercato dei concorrenti; questa avviene più facilmente in presenza di uno dei fattori di cui ai punti 2.A÷2.C.
  2. L’accumulazione dei punti, analogamente a quella dei beni e dei capitali, avviene in modo normalmente lento, per accelerare in corrispondenza dell’acquisizione di una delle boccettine sopra descritte, che nel mondo economico  sono equivalenti all’ottenimento di:
    1. vantaggio competitivo di tipo tecnologico: una costante moltiplicativa è analoga allo spostamento verso l’origine della curva di produzione nel diagramma L-K, che significa la possibilità di produrre di più con una medesima combinazione di capitale e lavoro;
    2. vantaggio competitivo di tipo commerciale: la maggiore velocità sul terreno è analoga alla maggiore mobilità sul mercato, in questo caso di tipo strutturale;
    3. vantaggio competitivo di tipo organizzativo: la maggiore motilità sul terreno è analoga al migliore adattamento della struttura aziendale.
  3. I dolciumi, così come le pozioni, sono distribuiti in modo casuale sul terreno di gioco, anche se ne si potrebbe stimare la densità media per superficie in un dato istante. Allo stesso modo, vi è un’impredicibilità di fondo delle innovazioni tecnologiche, per le quali si possono fare previsioni cumulate. In altre parole, so che nei prossimi anni le nanotecnologie faranno segnare dei progressi, ma non ho idea di quando si manifesteranno con precisione, e che cosa esattamente riguarderanno.
  4. Indipendentemente dall’incontro con la boccettina che produce l’accelerazione del verme, il giocatore può scegliere di imprimere una maggiore velocità al proprio verme schiacciando il tasto sinistro del mouse; analogamente, azioni di marketing consentono di ottenere un vantaggio commerciale che però richiede l’allocazione di molte risorse.

Tra i secondi:

  1. I vermi si concentrano maggiormente nella zona centrale del terreno di gioco, così come gli attori economici (siano essi operai, imprenditori, fornitori di servizi, istituzioni, ecc.) hanno maggiore tendenza a concentrarsi nelle città; all’interno di queste, così come al centro del terreno di gioco, vi è minore ricchezza libera, e maggiore ricchezza incamerata da parte dei singoli; al contrario, lontano dal centro si ha normalmente una maggiore disponibilità di risorse libere, che possono essere fatte coincidere con quelle agricole.
  2. Come conseguenza del punto appena descritto, nelle prossimità del centro del terreno di gioco, analogamente a quanto avviene nelle città, si ha una maggiore competizione tra attori, e di conseguenza una crescita più veloce e un ricambio altrettanto accelerato.
  3. Maggiore è la dimensione di un verme, maggiore è la sua capacità di attrarre e accaparrarsi dolci presenti sul terreno di gioco. In modo simile, le imprese economiche di grandi dimensioni hanno maggior potere contrattuale e migliori capacità di drenare e fare proprie le risorse presenti sul territorio.
  4. Data la presenza di vermi di grande dimensione, è difficile per quelli di dimensione minore accaparrarsi le risorse disponibili. Ugualmente, gli attori economici di grande dimensione pongono spesso una barriera all’ingresso di difficile superamento per i newcomers.
  5. I comportamenti dei vermi, dettati dagli utenti, riflettono una propensione al rischio (ho visto vermi lanciati sempre alla massima velocità); non è detto che un verme più veloce sia per forza vincente, perché se è vero che una maggiore velocità consente di accerchiare il concorrente, d’altro canto permette una minore visibilità del campo prossimo, con crescente probabilità di scontro con un altro verme non visibile sino all’ultimo. Fa il paio la propensione al rischio degli imprenditori, che possono scegliere azioni più rischiose, ma che se scelgono una traiettoria tecnologica non gradita al mercato, possono essere destinati a fallire.
  6. Il verme che esce dall’area concessa, delimitata da un sottile bordo rosso, scompare. Analogamente, chi esce dal sistema economico, non è più visibile a questo.
  7. Nella schermata di Wormate in alto a destra sono riportati i dieci lombrichi di lunghezza maggiore. Visto il tipo di dinamica presente nel gioco, e osservati i numeri presenti, si può ipotizzare una distribuzione delle dimensioni dei vermi che rispetta il criterio di Pareto, e che nel suo complesso potrebbe seguire un’esponenziale negativa. Una situazione del tutto analoga a quella delle aziende, considerate a livello globale, nazionale o per settore di appartenenza.
  8. Se un utente lascia il controllo del proprio verme, questo continua a muoversi nell’ultima traiettoria che gli è stata impressa, sino a che inevitabilmente incoccia in un altro verme, o finisce fuori dal perimetro di gioco. Analogamente, un’azienda che continua imperterrita in una direzione impressa dal management senza tenere conto dei fattori esterni non ha generalmente buoni risultati di lungo periodo.
  9. Quando un grande verme muore i suoi resti sono cannibalizzati con voracità dagli altri vermi più vicini, così come la sparizione di un grande player scatena lotte furibonde per l’attribuzione delle quote di mercato. Questi, aumentando velocemente di dimensione così come i vermi, scatenano un regime turbolento, che si calma solo dopo che si sono determinati uno, due o al massimo tre nuovi player dominanti.
  10. Una crescita impetuosa non è semplice da controllare, perché normalmente lascia in una situazione non nota, che come tale nasconde insidie. L’affermazione vale sia per i vermi sia per gli attori economici.

Ovviamente, le differenze sono moltissime, e non ha molto senso enumerarle. Ne segnalo comunque qualcuna:

  1. Nel gioco non vi è possibilità di fusioni, a differenza di quanto può avvenire nel mondo economico reale (e forse il gioco è giocabile anche per questo motivo);
  2. Nel gioco non vi sono organi di controllo, e in questo caso non è detto che la caratteristica sia per forza positiva; tutto dipende da come gli organi agiscono;
  3. Nel gioco non vi sono eventi catastrofici globali, come le crisi, e non è impossibile che questa condizione si verifichi per quanto visto ai punti 1. e 2.; in altre parole, la scomparsa di un verme non pregiudica in alcun modo la condizione di tutti gli altri.

Questa analisi anzitutto è sufficientemente banale, soprattutto se vista da chi analizza le dinamiche di sistemi complessi; in più, non vuole ovviamente essere esaustiva, anzi esprime una visione del tutto parziale e incompleta. Mi auguro tuttavia che possa stimolare qualche ulteriore considerazione.

joseph-alois-schumpeter
Tipico utente di wormate.io

(1) il gioco ha un predecessore, slither.io, che ha grafica più minimale. Altro gioco basato su principi simili è agar.io.