Recensione di Homo videns di Giovanni Sartori, Roma-Bari : Laterza, 2000
Diversi anni fa apparve il classico studio della classica università americana che sosteneva come l’attrazione per il televisore derivasse dal semplice fatto che mostra “cose che si muovono”. E Sartori muove le sue analisi dalla considerazione per la quale sarebbe proprio la prevalenza dell’immagine vista sulla parola detta il fattore che determina l’involuzione, quasi genetica, dell’uomo da Sapiens a videns. Sartori sostiene il primato della parola detta (e scritta) sulla manifestazione visiva, perché la prima prevede un linguaggio simbolico, ricco per definizione di significati, mentre la seconda non è critica, e sopratutto non necessaria (“al pensare non occorre il vedere”). Salvo che poi dopo una dozzina d’anni arriva gente come Steven Johnson, che con saggi sul genere di Ciò che ti fa bene ti fa male (consigliato) sostiene che non vi sia degenerazione neuronale, dei riflessi, delle capacità cognitive e soprattutto di quelle astrattive, oltre che dell’attenzione; al massimo non nega che le molte ore passate di fronte alla televisione rendano i bimbi un po’ meno attivi fisicamente. Non che si annulli in questo modo tutto un filone interpretativo di cui Sartori è parte, ma le demonologie televisive a priori, secondo le quali qualsiasi cosa si trasmetta fa rimbecillire, ne escono ridimensionate.
L’altro punto sul quale si concentra il politologo fiorentino è la grande quantità di immagini televisive che ci passano davanti; questo renderebbe impossibile classificare, dare le scale di importanza ai contenuti. Sartori si avvicina alla posizione critica di Eco, che proprio in quegli anni si definiva overwhelmed (“sopraffatto”) dalla mole smisurata di documenti in una Rete nella quale i motori di ricerca erano ancora ai primi passi. Anche in questo caso, per quanto possano essere criticati politicamente, da un punto di vista tecnico oggi i motori di ricerca funzionano perfettamente, compiendo l’operazione di scrematura altrimenti improba per l’utente.
In definitiva, Homo videns è un saggio che, non per colpa sua, sente i quasi vent’anni dalla pubblicazione, ma è pur sempre testimone di una lettura critica verso i mass media, per la quale almeno occorre tenere la guardi alzata e valutare le ricadute, specie sui più giovani, dei canali attraverso i quali viaggia l’informazione.