Il tiro, già, noto, torna ora alla ribalta come ottima applicazione dell’effetto Magnus, che si riscontra nel caso di un solido rotante in un mezzo di densità comparabile, ossia i cui pesi specifici non differiscono di molto, come ad esempio un pallone che si muove nell’aria.
The spinning ball spiral è un articolo apparso sul numero di settembre 2010 del “New journal of physics”, a firma di Guillaume Dupeux, Anne Le Goff, David Quéré e Christophe Clanet, dell’Ecole Polytechnique parigina. Al termine dell’articolo si cita esplicitamente il tiro di Carlos come esemplificativo dell’effetto, anche se contestualmente si riporta una tabella che chiarisce gli ambiti nei quali l’effetto Magnus si può verificare anche in altri sport.
L’articolo è stato prontamente ripreso dalla stampa, sportiva e non, forse perché piace ricondurre a un sistema coerente di conoscenza ciò che a prima vista è dettato da un comportamento casuale. Purtroppo, però, l’articolo è sufficientemente tecnico da costituire uno scoglio consistente, per quanto i più volenterosi tra i giornalisti si siano messi di buon buzzo per diffonderne una vulgata. Eccone un risultato:
“La stampa” di Torino, nell’articolo di Andrea Malaguti, parla di “«Equazione del brasiliano», una formula complicata piena di lambda e di p greco”. Siamo alle solite: c’è uno scienziato pazzo che, chiuso nel proprio laboratorio, fa esperimenti astrusi, e qualche rarissima volta i risultati derivanti toccano anche il nostro mondo.
Magari vale la pena parlare di questa formula, e del concetto che sta alle spalle. In estrema sintesi, l’effetto Magnus afferma che un corpo rotante in un mezzo – il mezzo può essere l’aria, l’acqua, la sabbia, l’omogeneizzato o il barolo, basta che il corpo sia più o meno denso quanto il mezzo – tende a trascinare con sé una certa parte del mezzo che gli sta accanto. Ciò capita solamente dove il mezzo e il corpo hanno verso concorde di movimento. La figura qui sotto dovrebbe spiegare bene il concetto (cliccandovi sopra si ingrandisce):
Il pallone gira in senso antiorario, e si sposta verso sinistra, quindi aderisce superficialmente con gli strati d’aria che stanno nella parte inferiore della figura; con quelli, cioè, che si muovono “insieme” con la superficie del pallone. La conseguenza di questo comportamento è meno immediata, ma fondamentale per il risultato finale: si origina una depressione proprio in quella zona, in basso nella figura, e il pallone, analogamente a quanto accade all’ala di un aereo, si sposta proprio verso la depressione; se è più comodo pensare che nella parte superiore della figura vi sia una maggior pressione il risultato è il medesimo. Come ovvio, nel nostro caso si sposta verso il basso, e la freccia rossa indica la direzione della forza risultante.
Il signor Caressa compie un errore dicendo che l’effetto Magnus si ha quando il pallone non ha rotazione; è l’esatto contrario: l’effetto ha luogo proprio quando la rotazione è in un certo intervallo di valori, così come la velocità, così come un insieme di parametri.
In altri termini, l’effetto Magnus avviene solo quando un insieme di condizioni è rispettato. Non tutti i tiri sortiscono l’effetto di quello di Carlos (i portieri ringraziano). Occorre una certa velocità minima, occorre che la rotazione impressa sia non troppo piccola e non eccessiva, occorre che il pallone abbia certe caratteristiche (molti sostengono che i palloni odierni descrivano traiettoria molto più imprevedibili), e occorre che la distanza dalla porta sia oltre un certo valore.
A questo punto i praticanti degli altri sport potrebbero chiedere “Esiste l’effetto Magnus nel mio sport?”. L’articolo dà una risposta sintetica ma esaustiva…
(continua)