Il successo del sistema fu decretato dall’enorme aumento della produttività che derivò dal suo impiego. Parallelamente diminuivano il lavoro svolto e il tempo impiegato nella esecuzione delle singole stampe, oltre che il capitale investito. I caratteri erano realizzati in una lega di piombo e stagno, sufficientemente resistente alla compressione e con basso punto di fusione. Ciò consentiva una più semplice sostituzione delle matrici, rifuse nella stessa stamperia. L’inchiostro originariamente adoperato era una soluzione acquosa di gomma (che fungeva da agente addensante) avente come pigmento il nerofumo (banalmente, fuliggine) o una sospensione di gallato ferrico. Solo successivamente fu introdotto l’uso di un inchiostro a base di olio di lino (lo stesso usato in pittura nelle colorazioni), di cui non si conosce l’inventore, sia pure alcuni ritengono sia stato Gutenberg. Tale tipo di inchiostro permise l’adozione del torchio tipografico, derivato dalle presse a vite usate per la produzione del vino, che permetteva l’uniforme distribuzione dell’inchiostro sulla carta.
Il numero di copie di un singolo foglio realizzabili da una coppia di stampatori si attestava intorno alle 200 unità giornaliere e, raggiunta la tiratura pianificata, era necessario riordinare i caratteri secondo l’ordine che essi assumevano nella pagina successiva da stampare. Tale operazione era molto complessa considerando che una singola pagina della Bibbia di Gutenberg contiene circa 2750 lettere. Anche la fusione dei caratteri, richiedeva notevole impiego di manodopera: ciascun carattere a forma di prisma quadrangolare (alto circa 2,5 cm), necessitava di finiture manuali per essere conforme agli standard. Durante la stampa erano necessari complessivamente 20000 caratteri, ma una coppia di operai era in grado di realizzarne solo 25 all’ora.
La composizione dei caratteri di una singola pagina richiedeva molto tempo: l’addetto doveva prenderli da una serie di cassettini e ordinarli in un vassoio di legno utilizzando delle pinze metalliche, onde evitare che il sudore delle dita, permanendo sul carattere, potesse acidificare la soluzione dell’inchiostro. Terminata questa fase, vi era un correttore di bozze o “lettore”, solitamente un dotto, che controllava l’assenza di errori in una prima bozza stampata dal compositore, il quale avrebbe altrimenti ricomposto la pagina e stampato una seconda bozza. Ciascun addetto non riusciva a comporre più di una pagina al giorno.
Una delle opere più importanti stampate nel xv secolo fu la Bibbia di Gutenberg, detta anche “Bibbia di 42 linee”. Pubblicata tra il 1455 e il 1456 è storicamente considerata la prima opera completa realizzata con la stampa a caratteri mobili. Ecco alcune delle sue caratteristiche:
– fu stampata in caratteri gotici in due colonne di 42 righe ciascuna;
– era costituita da 641 carte;
– era divisa in due, tre o quattro volumi secondo delle richieste dell’epoca.
La stampa a caratteri mobili rivoluzionò anche la società europea occidentale. L’abbattimento dei costi di inizializzazione di ciascun processo di stampa e lo sviluppo delle prime forme di economie di scala determinarono l’abbassamento del costo dei libri, che non rappresentavano più un bene di lusso. Furono realizzate le prime stampe in volgare, che sostituì progressivamente il latino, provocando la nascita delle lingue e delle identità nazionali.
Nel xviii secolo nacquero i giornali periodici, che si diffusero particolarmente grazie alle classi sociali emergenti. La stampa divenne strumento di battaglie politiche e culturali, veicolando nuove idee, teorie scientifiche e religiose, che formarono l’opinione pubblica, dotata di spirito critico.
Tra la fine del xv e l’inizio del xvi secolo Aldo Manuzio, tipografo veneziano, si rese autore di alcune innovazioni nel campo della stampa tipografica: anzitutto ideò il carattere corsivo (o aldino, o italico); poi, pubblicò opere religiose in libri di piccolo formato: il “formato ottavo”, termine che indica il numero di fogli equivalenti derivanti dalle piegature successive di un singolo foglio.
Secondo il numero di pieghe si otteneva un formato diverso, con diverso ingombro. La nomenclatura è ben definita:
Formato | Pieghe | h (cm) |
In plano | 0 | 55-65 |
In folio | 1 | 30-40 |
In quarto | 2 | 28-33 |
In ottavo | 4 | 15-20 |
In sedicesimo | 8 | 10-15 |
Nel 1798 il tedesco Aloys Senefelder elabora un nuovo procedimento di stampa, detta litografica. Essa prevede l’utilizzo di una pietra che, levigata e disegnata con una matita grassa, trattiene l’inchiostro sulle sole parti grasse, dalle quali questo si deposita poi su un foglio di carta grazie alla pressione di un torchio. Dall’evoluzione di questa tecnica nascono, nel 1840, le macchine “pianocilindriche”, in cui la pietra è sostituita da una matrice di zinco (litografia offset).
Le innovazioni di maggior rilievo furono la macchina da stampa a vapore, le macchine di produzione di rulli continui di carta e la linotype, il primo dispositivo tipografico meccanico. Questo sistema, ideato da Ottmar Mergenthaler nel 1881, rivoluzionò le tecniche di stampa perché dotato di caratteri mobili, che scendono da un magazzino di alimentazione una volta digitate da tastiera le lettere ad essi corrispondenti. La matrice si componeva così in modo automatico; i caratteri erano poi fusi insieme per garantire la stabilità delle posizioni reciproche, mentre dopo la stampa erano recuperati e riavviati a popolare il serbatoio a monte della macchina.