La storia in quanto disciplina studia determinati insiemi di eventi, fenomeni, andamenti e oggetti che, per accordo di una comunità di studiosi, sono da ritenersi utili per la comprensione del passato.
Questa definizione non è esattamente operativa, ma questa la si deriva facilmente: la storia è anzitutto selezione. Non tutti gli eventi diventano oggetto di studio degli storici; non tutte le evoluzioni di conoscenza, non tutti gli andamenti di fenomeni sono giudicati suscettibili di analisi.
Due esempi estremi possono dare l’idea di che cosa potrebbe accadere disponendo della possibilità di infinita capacità di registrazione e rappresentazione.
Noi, in un’occhiata, percepiamo: tre bicchieri su una tavola. Funes: tutti i tralci, i grappoli e gli acini d’una pergola. Sapeva le forme delle nubi australi dell’alba del 30 aprile 1882, e poteva confrontarle, nel ricordo, con la copertina marmorizzata d’un libro che aveva visto una sola volta […]. Questi ricordi non erano semplici: ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche ecc. […] Due o tre volte aveva ricostruito una giornata intera; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva chiesto un’intera giornata. […] Egli ricordava […] non solo ogni foglia di ogni albero di ogni montagna, ma anche ognuna delle volte che l’aveva percepita o immaginata.
Il brano è tratto da Jorge Luis Borges, Funes, o della memoria, in Finzioni, in Tutte le opere, Milano : Mondadori, 1984-85, vol. I, pagg. 712-713.
In quell’Impero, l’Arte della Cartografia raggiunse tale Perfezione che la mappa d’una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell’impero, tutta una Provincia. Col tempo, codeste Mappe Smisurate non soddisfecero e i Collegi dei Cartografi eressero una Mappa dell’Impero, che uguagliava in grandezza l’Impero e coincideva puntualmente con esso. Meno Dedite allo Studio della Cartografia, le Generazioni Successive compresero che quella vasta Mappa era Inutile e non senza Empietà la abbandonarono alle Inclemenze del Sole e degl’Inverni.
Questo estratto invece arriva da Jorge Luis Borges, Del rigore della scienza, in L’artefice, in Tutte le opere, Milano : Mondadori, 1984-85, vol. I, pag. 1253.
La conoscenza infinita (o comunque indefinita) preclude una possibilità, il completamento logico dell’azione storiografica: l’interpretazione. Ancora prima di chiedersi se la storia abbia una sua utilità, occorre che essa porti a una comprensione ulteriore rispetto a una semplice elencazione di eventi.
Un’infinita teoria di particelle di conoscenza non permette di stabilire profondità di campo, possibilità di lettura critica. L’applicazione della principio di Pareto della prevalenza di alcuni fattori è criterio operativo massimo per la formazione di un corpus critico e criticabile, limitato, condivisibile e modificabile.
Per il mantenimento della propria coerenza, questo corpus di conoscenze può e deve soggiacere a un continuo processo di validazione della comunità degli storici. In altre parole, non chiunque può vedere una propria analisi storica entrare nel novero delle conoscenze storiografiche condivise.
Che per qualcuno sia importante un avvenimento del tipo “il 14 maggio 1932 mio nonno cadde da cavallo, procurandosi la frattura di una clavicola” non significa che ciò lo sia per tutti. Se questo qualcuno decidesse di pubblicare un articolo in merito, la comunità degli storici (che in questo caso include il redattore di una rivista) agirebbe per respingere tale nozione come facente parte della “storia”. Considerare eventi come questo porterebbe ad aberrazioni come quella di Funes. Da notare che non sarebbe sensato scrivere i libri di storia, perché non sarebbe possibile ordinare per importanza gli eventi noti e selezionati, e si potrebbero solamente scrivere immense ed inutili enciclopedie.
(continua)